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29/04/24 ore

La sfida populista dei 5 Stelle


  • Silvio Pergameno

I francesi hanno votato in aprile, i tedeschi a settembre e all’inizio della prossima primavera toccherà a noi italiani: ed è quindi lecito formulare qualche pronostico sull’aspetto principale della tornata elettorale: la sfida populista del Movimento “5 Stelle” al sistema politico, che dai sondaggi risulta essere il candidato al miglior risultato.

 

Non è una questione solo italiana: essa si è già presentata in Francia e in Germania. La Francia ha espresso nelle elezioni della scorsa primavera una posizione inattesa, ma non per questo meno rilevante, con la decisa apertura all’ integrazione europea del movimento “En marche” del nuovo Presidente e la sconfitta del Front National; mentre in Germania il temuto successo del populismo antieuropeista dell’AfD (Alternativa per la Germania) è risultato ridimensionato; il successivo fallimento del tentativo di un governo tra la CDU-CSU, i verdi e i liberali ha, fortunatamente, indotto i socialdemocratici a fare un passo indietro sulla posizione assunta subito dopo la consultazione (“no al rinnovo della grande coalizione con la CSU”), anche se si è trattato di un ripensamento sofferto e che richiederà tempo al fine di delineare un nuovo percorso.

 

Sembra quindi che la situazione tedesca stia evolvendo nel senso auspicato da Jurgen Habermas, come abbiamo riferito in un intervento su A.R. giovedì scorso. Habermas temeva infatti che l’SPD, la socialdemocrazia tedesca… rimanendo all’opposizione avrebbe potuto “esser tentata di volersi differenziare… svoltando verso un nazionalismo di sinistra… limitato in un’ottusa chiave nazionale”, sulla strada cioè che ha portato alla scomparsa del PSI in Italia e all’esautoramento del Parti socialiste in Francia.

 

E l’Italia? Nel nostro paese è aperto il problema del “Movimento 5 Stelle” che si presenta come la formazione più votata, anche se nelle recenti elezioni siciliane i limiti che lo caratterizzano sono apparsi evidenti, perché non se ne è rivelata la capacità di intaccare il serbatoio dell’astensionismo. Una sconfitta dunque.

 

E sul fenomeno astensionista – lo diciamo tra parentesi - sono interessanti le considerazioni di Giuseppe De Rita (Corriere della Sera del 28 novembre scorso), il quale ne vede una componente rilevante legata alla fine del cosiddetto “collateralismo” attuato dalla DC e dal PCI, che avevano dato vita, ognuno per proprio conto, a una vasta rete di associazioni ed enti privati per la tutela di interessi di categoria, una rete venuta meno con la scomparsa dei due partiti. Evidentemente i “5 Stelle” non sono riusciti a esser presenti in questo campo, del resto legato da un lato alla storica presenza cattolica nelle campagne e dall’altro alla lotta per l’emancipazione del lavoro, già espressa ancora agli inizi del secolo scorso nel massimalismo socialista.

 

Altro campo di iniziativa del populismo dei 5Stelle è notoriamente legato alle paure di larghi strati della popolazione per il fenomeno migratorio, che però assume due aspetti che vanno tenuti distinti. Il primo di essi è dato dall’ampia presenza nel paese di immigrati (comunitari ed extracomunitari) e dalle difficoltà di integrazione che ne deriva con la popolazione locale e con l’adattamento a nuove condizioni di vita.

 

E’ soprattutto il terreno dove miete la Lega. L’altro è quello dell’afflusso di migranti attraverso il Mediterraneo, con le due tragedie della tratta di esseri umani, (che però ha subito un duro colpo con l’arresto degli sbarchi), e l’altro delle condizioni socio-economiche di tanta parte dell’Africa che determinano la spinta migratoria. E in più l’urgente necessità di affrontare il terribile seguito conseguente all’arresto degli sbarchi, che ha concentrato una massa di esseri umani in campi, nei quali le condizioni di sopravvivenza sono inumane.

 

La strada maestra per rendere inutili le migrazioni è quella di creare lavoro in Africa. Si tratta un problema enorme, che non consta solo di investimenti (europei in Africa), ma della necessità di creare nel continente le condizioni essenziali e le stesse premesse di un’economia moderna; con tutti i problemi connessi). E in Italia ne sappiamo qualcosa.

 

Si svolge in questi giorni ad Abidjan, la principale città della Costa d’Avorio una conferenza alla quale sono presenti rappresentanti dei governi di circa ottanta stati dell’Unione Europea e dell’Unione Africana e tutti i principali leader europei, compresi quelli di Bruxelles. La conferenza, mentre ha consentito specifici contatti tra paesi europei e africani, ha affrontato in particolare il problema dei campi dei migranti ammassati in Libia e del loro ritorno nei paesi di origine.

 

Ma di rilevante c’è stata anche l’offerta europea di investimenti in Africa per una somma che dovrebbe aggirarsi sui 44 miliardi di euro: significa cioè che a livello dell’Unione Europea si fanno passi avanti nella comprensione del problema di fondo. Le migrazioni e gli sbarchi rappresentano sicuramente un’emergenza, ma dietro l’emergenza c’è la realtà di un’Africa con oltre un miliardo di abitanti, metà dei quali hanno meno di trent’anni e tra i quali la disoccupazione colpisce trentadue milioni di persone.

 

Questa è la realtà dalla quale bisogna partire. E a questo punto, comunque, spontanea viene la domanda: “dove sono i “5Stelle”?

 

 


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