Bari

Salento, sindaco di Lizzanello querela 30 concittadini per gli insulti su Facebook

Battaglia legale contro gli haters del primo cittadino Fulvio Pedone dopo la valanga di insulti e commenti ingiuriosi che ha travolto la sua amministrazione comunale: gli screenshot allegati alla denuncia

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Accuse pesanti nei confronti dell'amministrazione comunale, post su facebook, like, commenti denigratori e il sindaco di Lizzanello, Fulvio Pedone, querela una trentina di cittadini. O meglio di presunti cittadini, perché non è detto che i profili delle persone che l'hanno insultato sui social siano reali. Toccherà alla Procura di Lecce scoprirlo, nell'ambito dell'inchiesta che seguirà la denuncia del primo cittadino.

Alla querela sono allegati gli screenshot dei numerosi cmmenti, che riportano frasi pesanti come "mangiano sulle nostre spalle", "Lizzanello e i suoi quaranta ladroni", "mafia legalizzata". A fare scattare la contestazione on line, l'inaugurazione di una palestra, con tanto di fotografie degli amministratori sorridenti veicolata proprio dai social network. "Amministratori antidemocratici", scrive la prima commentatrice, attribuendo proprio ad esponenti comunali l'eliminazione dei contestatori da un gruppo di Lizzanello.
 
"Frasi gravemente offensive - scrive il sindaco nella querela - destinate a offendere, colpire, diffamare". "Tali condotte - secondo il primo cittadino - sono aggravate dal fatto di avere usato facebook, riconosciuto dalla Suprema Corte come qualsiasi altro mezzo di pubblicità". Ovvero, secondo il denunciante, le regole relative alla diffamazione sarebbero valide nel caso specifico, anzi le offese sarebbero ancora più gravi proprio perché effettuate sulla sconfinata piazza virtuale e dunque potenzialmente visibili da un numero enorme di utenti della rete.
 
Un concetto simile a quello espresso pochi giorni fa dal salentino che ha chiesto a Google un risarcimento da due milioni di euro per la mancata applicazione delle norme sul diritto all'oblio. Anche nel suo caso veniva evidenziato l'enorme potere dei social network e il fatto che la mancata cancellazione delle notizie relative al suo arresto (da cui è scaturito un processo concluso con l'assoluzione), ha consentito il protrarsi di una gogna mediatica che ha avuto profonde conseguenze sulla sua salute.