Bari

Bari, il ministro Minniti e i 40 anni dall'omicidio Petrone: "Non si fa a meno della verità"

Il ministro Minniti intervistato da Carlo Bonini 
Il ministro dell'Interno e la possibile revisione dell'inchiesta nell'intervista di Repubblica al teatro Petruzzelli: non si può essere d'accordo con chi invoca l'oblio, su avvenimenti avvenuti in passato
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"Fare luce su tante zone d'ombra della storia del nostro Paese non è un lavoro di Sisifo", perchè "una democrazia non può mai fare a meno della verità". Lo ha rimarcato il ministro dell'Interno, Marco Minniti, conversando a Bari con l'inviato speciale di Repubblica Carlo Bonini: la redazione di Bari ha realizzato una video-inchiesta sull'omicidio di Benedetto Petrone, militante comunista ucciso a 18 anni da un gruppo di fascisti il 28 novembre 1977 a Bari. Nel teatro Petruzzelli, dopo la visione del documentario realizzato dai giornalisti Giuliano Foschini e Antonella Gaeta, anche con l'obiettivo di una riapertura del caso, il ministro ha spiegato di non essere d'accordo con chi, su avvenimenti avvenuti in passato, dice "ma in fin dei conti è passato tanto tempo, Italia è un'altra cosa".

"È vero che l'Italia è un'altra cosa - ha rilevato Minniti - E per fortuna. Tuttavia una democrazia non può mai fare a meno della verità. Una democrazia che rinuncia a cercare la verità è come se avesse perso un pezzo di se stessa". "E' per questo - ha chiarito - dico a tutti noi che su questo non dobbiamo abbassare mai la guardia, perché dietro alla memoria, dentro la capacità di ricostruire quello che è avvenuto, di sapere la verità, c'è l'oggi e c'è il futuro".
Il ministro Minniti è sceso dal palco per salutare Porzia Petrone, sorella di Benedetto 
Secondo il ministro "Dio sa quanto una democrazia ha bisogno del giornalismo di inchiesta che rende la democrazia vitale e attiva". E tuttavia  "è un cattivo maestro" chi "di fronte alla minaccia del terrorismo fa un ragionamento semplice: sicurezza in cambio di un pezzo della tua libertà". Minniti ha aggiunto che "non ci può essere in democrazia uno scambio tra sicurezza e libertà. La 'e' che congiunge queste due parole è il verbo essere. Non ci può essere vera sicurezza senza libertà di ogni cittadino. Non c'è libertà se non c'è sicurezza di andare e vivere".

Per il ministro dell'Interno "l'antifascismo era, è e sarà un valore fondativo della democrazia italiana. Guai a noi se dovessimo perderlo".  "L'antifascismo - ha aggiunto - è un valore fondamentale della democrazia italiana". E "la sinistra riformista sta accanto a chi ha paura per ascoltarli e liberarli dalle loro paure. I populisti stanno accanto a chi ha paura per tenerli incatenati alle loro paure". Il ministro poi s'è soffermato sulla questione dell'immigrazione e soprattutto sul tema della lotta ai trafficanti.

Piccolo episodio di contestazione durante il discorso del ministro. "Sei come Cossiga: sei tu il fascista, non puoi parlare", è stato il messaggio scritto sul cartello che alcuni giovani hanno mostrato nel teatro. La polizia è intervenuta accartocciando lo striscione e invitando i ragazzi a uscire. Ma il ministro ha chiesto che fossero lasciati ai loro posti. "Lasciateli stare - ha detto - ascoltiamoci reciprocamente". In platea era seduta anche Porzia Petrone, sorella di Benedetto, che il ministro ha abbracciato al termine dell'intervista. Una cinquantina di persone, invece, secondo gli organizzatori, ha manifestato "con un presidio antifascista" contro l'arrivo del ministro radunandosi di fronte al  Petruzzelli. 
Il Petruzzelli durante la proiezione del video racconto di Giuliano Foschini e Antonella Gaeta 
"Le parole del ministro Minniti sulle zone d'ombra su cui le istituzioni devono far necessariamente luce sarebbero lodevoli se proprio il suo governo non avesse steso sotto una coltre di mistero l'omicidio di Giulio Regeni. Si saranno sentiti un po' Sisifo in questa occasione e avranno smarrito la volontà di verità, chiesta a gran voce da tutta Italia, lasciando perdere definitivamente gli approfondimenti", sostiene in una nota è il deputato pugliese Giuseppe L'Abbate (M5S).

"Al ministro mi preme ricordare - prosegue L'Abbate - come i fascismi e i nazionalismi si siano innestati su un tessuto sociale dilaniato dalle grandi crisi economiche, proprio come quella a cui le politiche liberiste e di destra dei governi Pd ci stanno condannando in questi anni. Una situazione su cui prende facilmente piede il timore per il 'diverso', per 'l'immigratò che diviene concorrente sia per i posti di lavoro, sia per i servizi sociali. Le nostre politiche estere, del resto - conclude il parlamentare pentastellato - hanno fatto in modo che l'Italia fosse lasciata sola a gestire il fenomeno immigrazione, a fronteggiare trafficanti e criminali nonché a difendere i propri confini da una Europa sui cui tavoli non abbiamo mai saputo contare o ci siamo svenduti per un piatto di fagioli".

La Lega invece è intervenuta sulla questione immigrazione. "In Puglia siamo già a 182 Centri d'accoglienza straordinari. Se davvero vuole combattere l'immigrazione illegale e la clandestinità diffusa nelle nostre città, il ministro Minniti cominci con il chiudere i Cas, pieni di gente che non scappa da nessuna guerra ma viene lasciata libera di circolare senza che ne conosciamo nemmeno l'identità. Tutto ciò provoca un grave problema alla sicurezza dei cittadini", fa sapere in una nota il deputato leghista Nuccio Altieri.

"A maggior ragione - prosegue Altieri - dopo che lo stesso Minniti, in questi giorni, ha confermato che tra i flussi di migranti possono infiltrarsi foreign fighters. L'Italia accolga dunque chi scappa dalle guerre e integri chi lavora onestamente rispettando le nostre regole e la nostra cultura, ma bisogna espellere subito tutti gli altri. Per fermare la tratta degli esseri umani bisogna bloccare il business che c'è dietro: quello degli scafisti in Africa - conclude Altieri - e quello delle coop dei centri d'accoglienza in Italia".