Bari

Ilva, il ministro Calenda avverte: "Se si blocca la trattativa, Taranto sarà una Bagnoli 2"

Lo stabilimento Ilva a Taranto 
Il ministro della Sviluppo economico interviene a poche ore dall'incontro tra le parti dopo una pausa di oltre un mese: condizioni per una stretta finale non ci sono. Nuovo incontro il prossimo 4 aprile
2 minuti di lettura
"Se qualcuno va dagli operai di Taranto e gli dice che tanto Lega e 5S nazionalizzano e trasformano tutto a gas quindi meglio non chiudere la trattativa, salta investimento, ci ritroviamo con Bagnoli 2 (tre volte più grande) e 20mila persone per strada". Lo scrive il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, sul suo profilo Twitter. "E' grave - scrive in un altro tweet - che favole su nazionalizzazioni impraticabili si diffondano dopo le elezioni sia su Ilva e Alitalia rendendo difficile accordo sindacale e vendita. Attenzione a illudere lavoratori e a creare premesse per disastri. Lo dico anche a beneficio di qualche sindacalista".

Le parole del ministro arrivano a poche ore dal tavolo ministeriale sull'Ilva che non è servito a dipanare le preoccupazioni dei sindacati, usciti dal Mise con gli stessi interrogativi con cui ci erano entrati, ossia con la paura che la trattativa non riesca ad arrivare a nessun risultato.

Quello di giovedì 29 marzo "è stato un incontro di ricognizione", ha sintetizzato la viceministro Teresa Bellanova confermando l'impegno del governo uscente al raggiungimento di un'intesa. Sebbene le parti si siano rincontrate dopo una pausa di oltre un mese, le condizioni per una stretta finale ancora non ci sono e proprio per questo si è scelto di riconvocarle il prossimo 4 aprile: "in modo da affrontare le questioni argomento per argomento, perché andando avanti con la discussione generale si rischia di cadere nella convegnistica", ha avvertito Bellanova.

A preoccupare i sindacati non sono solo tutte le questioni ancora irrisolte e strettamente legate al futuro del siderurgico e dei suoi 14mila dipendenti, ma anche il clima politico. Da un lato, infatti, sul caso Ilva pesano le decisioni ancora da prendere della Cdp (i cui vertici - in scadenza - si sono mostrati disponibili a farla entrare nel pacchetto azionario di Am Investco) del Tar del Lazio (su cui pesano i ricorsi presentati da regione Puglia e comune di Taranto) e dell'Antitrust europeo (che si esprimerà nel termine ultimo del 23 maggio). Dall'altro, a non far dormire sonni tranquilli ai sindacati ci sono anche le dichiarazioni politiche di chi vuole fare a meno dell'Ilva.

Il 4 aprile la trattativa ripartirà "e speriamo che allora ci sia una maggiore attenzione al negoziato e una minore attenzione a ciò che ne è fuori, compreso il clima pre e post elettorale che ha solo danneggiato", si augura Marco Bentivogli della Fim Cisl. Anche la Fiom, con Rosario Rappa, manifesta la volontà di proseguire il confronto facendo presente nello stesso tempo che il negoziato "non può essere vincolato ai tempi, ma ai contenuti e alle soluzioni rispetto ai temi fino a oggi discussi".

Sul futuro dell'Ilva - fa notare Rocco Palombella della Uilm - pesa poi un'aggravante, ossia la situazione dello stabilimento di Taranto: "che continua a degradarsi, non ci sono investimenti sugli impianti, sulle tecnologie e soprattutto sull'ambiente e questo crea ovviamente preoccupazione".