22 febbraio 2018 - 08:24

La vittima convince i giudici d’appello: molestie, 6 anni all’ex curato di Serina

In primo grado la ragazza ritenuta non attendibile. La difesa: andremo in Cassazione

di Giuliana Ubbiali

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I giudici dell’appello non si sono accontentati dei verbali del processo di Bergamo. Hanno voluto sentire Sara (nome di fantasia), la ragazza di 22 anni che a 18 ha denunciato di violenza sessuale il suo ex curato di Serina, don Marco Ghilardi, di 43 anni. Era il segnale che non fossero convinti della sentenza di assoluzione decisa in primo grado e i fatti l’hanno confermato: hanno ribaltato la sentenza, condannando il sacerdote a 6 anni di carcere. Perché, si saprà dalle motivazioni. Intanto, è chiaro che le parole della ragazza sentite in viva voce hanno fatto la differenza. Lo stesso sostituto procuratore generale che prima di ascoltarle aveva chiesto la conferma della assoluzione, dopo ha chiesto la condanna.

La credibilità di Sara è stata la chiave del dibattimento, come è logico che sia nei processi per abusi sessuali in cui è rarissimo ci siano testimoni diretti dei fatti. Lo aveva messo in chiaro il collegio di Bergamo presieduto dal giudice Antonella Bertoja: «Si deve rilevare che l’analisi del compendio probatorio verte, in principalità, sulla verifica di attendibilità» della parte civile. A due fidanzatini, ad alcune compagne di scuola, alla fidanzata di suo fratello. A più riprese Sara aveva parlato delle presunte molestie subìte dal sacerdote. Ma rispetto alle testimonianze, i giudici di Bergamo avevano scritto che avevano una «connotazione mediata», erano parole «de relato». Cioè racconti di racconti. Che poi era la principale argomentazione della difesa, avvocato Roberto Bruni: «La ragazza non può richiamare se stessa. Si confida con sette persone, ma è sempre lei la fonte di accusa». Sara, però, non ne aveva parlato con la psicologa e questo aveva pesato sulla sentenza: «È insondabile il motivo per cui ha rigorosamente escluso dalle relative rivelazioni l’operatrice professionale, figura ampiamente affidabile». L’ha spiegato lei ai giudici dell’appello. La psicologa le era stata data dalla scuola, non era pronta a dirle tutto, anche perché in corridoio c’era sempre la mamma. L’avvocato Francesca Longhi ha sottolineato come nei casi di abusi le vittime scelgano gradualmente le persone con cui confidarsi. E che non è vero che le testimonianze fossero tutte de relato. C’è chi ha visto il suo malessere, chi l’ha vista sfogarsi incrociando don Marco e chi scoppiare a piangere davanti a un servizio in tv sui preti pedofili.

Testimonianze che rafforzavano la sua, aveva messo in evidenza in primo grado il pm Gianluigi Dettori che aveva chiesto 12 anni e poi ha impugnato l’assoluzione. Il tempo non ha aiutato questo processo. Sara ha denunciato a 18 anni fatti di quando ne aveva dai sei ai dieci. Si è imbattuta in ricordi definiti «inverosimili» e «contraddittori» dalle motivazioni. Solo ricordi registrati con gli strumenti che poteva avere una bambina, secondo l’avvocato di parte civile. Don Ghilardi era presente a Brescia, come in primo grado. La ragazza, anche. Ha saputo la decisione la sera per telefono. Non ha gioito, ma la notizia è stata una liberazione. Il contrario del sacerdote, che ricorrerà in Cassazione.

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