10 marzo 2018 - 20:23

Giorgio Gori rassicura il Pd: «Resto» Ma lo sguardo è a Roma

Vertice a Palazzo Frizzoni tra il sindaco e il partito. Rimangono però incognite, legate al dopo Renzi. Gandi: «Dopo le urne mi stavo preparando a tutto»

di Simone Bianco

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Resta a fare il sindaco, ma esattamente fino a quando? Giorgio Gori avrebbe voluto porre fine alla questione con il comunicato diffuso giovedì. Ma il testo era assai ambiguo. E anche a chi gli chiedeva di esplicitare il concetto, il sindaco aveva risposto: «Se comincia a girare la voce che poi vado a fare il sindaco di Bergamo, il mio lavoro politico diventa meno efficace», riferendosi al ruolo di leader dell’opposizione in Regione. Lasciando aperto un bel dubbio su Palafrizzoni.

«La riserva non è sciolta». Lo dice anche Sergio Gandi. Dopo il tracollo elettorale del centrosinistra, il vicesindaco aveva scelto il silenzio. Nel suo caso, all’impatto emotivo della sconfitta si era aggiunta una questione non da poco: con Gori incerto sul suo futuro, Gandi si ritrovava a ragionare su un ipotetico subentro alla guida della Giunta. «Non era il quadro ideale — dice —, anche perché entrare quando il mandato è già quasi concluso, con un’impostazione di lavoro non mia, non sarebbe stato facile. Ma mi stavo preparando a tutto». Perché le incognite sui prossimi mesi Gori non le aveva chiarite nemmeno al suo vice: «Sì, c’è vicinanza politica, ma non per questo il sindaco ha mai detto a me quali intenzioni avesse e abbia. Anche perché lui è uno che non ragiona con un piano B. Ha lavorato per vincere le elezioni e basta». Poi però le Regionali si sono rivelate un disastro. «L’unico risultato che si salva è proprio quello della città — dice Gandi — e per questo io dico: andiamo avanti con l’assetto attuale».

È quello che vorrebbe tutto il Pd bergamasco. Siccome però, dopo le dichiarazioni di giovedì di Gori, più di un dubbio era rimasto, è stato necessario un chiarimento faccia a faccia. Ai dirigenti dem è apparso chiaro l’orientamento del primo cittadino. «A noi ha detto che resterà fino alla fine del mandato», spiega il segretario provinciale del partito Gabriele Riva. In Comune per il Pd ieri mattina si è presentata una delegazione composta da Riva, dal suo vice Pasquale Gandolfi e dal sindaco di Costa Volpino Mauro Bonomelli. Dall’altra parte del tavolo, Gori e Gandi. «Era giusto lasciar passare 48 ore per metabolizzare il risultato — spiega il segretario provinciale —, dopo di che serviva però un confronto». Il risultato dell’incontro tranquillizza il Pd: «Siamo soddisfatti, anche perché l’ipotesi contraria, e cioè la decadenza da sindaco per restare in Consiglio regionale, a un anno dalla fine del mandato in città, sarebbe stata preoccupante», ammette Riva. Se c’è invece un argomento che con Gori è inutile cercare di approfondire è quello della ricandidatura in città nel 2019: il primo cittadino non sa e non dice se ci sarà.

A maggior conferma della tesi remain per Gori ci sarebbero anche gli incontri avuti nel corso della giornata con tutti i singoli assessori della Giunta comunale. Un aggiornamento sul lavoro portato avanti nell’ultimo mese, quando la campagna elettorale ha maggiormente assorbito il sindaco, e sull’agenda dei prossimi trimestri. Il tema vado/resto era dato per esaurito giovedì, quando al termine della riunione di Giunta Gori aveva spiegato le proprie intenzioni, e cioè di impegnarsi sulla Regione almeno fino alla prima seduta del nuovo Consiglio lombardo. Una scelta che comunque si presta a diverse e varie interpretazioni. Il 10 aprile si riunirà il nuovo Consiglio regionale, ma Gori non dovrebbe avere grandi difficoltà a chiudere con largo anticipo la partita dei capigruppo, a partire da quello del Pd, che dovrebbe toccare a Jacopo Scandella. Non pochi tra i dem bergamaschi ritengono però che la vera scadenza a cui si debba guardare sia quella di lunedì prossimo, 12 marzo, quando a Roma si terrà la direzione nazionale del partito. Potrebbe essere il momento per Carlo Calenda di prendersi la scena. Nella scia del ministro anche Gori potrebbe dare un contributo alla ricostruzione post bellica del partito. Con quale ruolo e con quale peso, dipenderà da tante variabili. Prima di tutto si dovrà capire se a scegliere il segretario saranno gli iscritti con nuove primarie oppure l’attuale assemblea nazionale. E poi la direzione dirà quanto le prospettive di Gori siano state intaccate dalla pesante sconfitta delle Regionali. Perdere bene o — chiaramente — vincere in Lombardia avrebbe suggerito a molti l’idea di una leadership di Gori (vedi il caso di Nicola Zingaretti). Ma, appunto, le cose sono andate molto, molto diversamente.

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