28 marzo 2018 - 11:32

Scandella: «Nel Pd spirito di rivalsa contro Gori, ma lui resta una risorsa per il partito»

Dopo la sua sconfitta al voto come nuovo capogruppo dem al Pirellone

di Fabio Paravisi

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C’è stata una vendetta trasversale, e nel mezzo si è trovato lui. Ancora lunedì mattina Jacopo Scandella era dato come sicuro nuovo capogruppo del Pd in Consiglio regionale. Forte delle 6.289 preferenze che avevano fatto del consigliere di Clusone il candidato più votato alle Regionali in Bergamasca, staccando di 92 schede il più votato dei leghisti. Invece non è bastato: tra i consiglieri regionali del suo partito lo hanno scelto solo in sei, mentre gli altri dieci, spiega chi ha seguito il voto, «lo hanno considerato troppo vicino al candidato presidente sconfitto Giorgio Gori». E in effetti Scandella aveva avuto un ruolo di primo piano nella sfortunata campagna del sindaco di Bergamo, con l’incarico di «consigliere politico». La maggioranza dei suoi compagni di partito gli ha infine preferito Fabio Pizzul, figlio di Bruno e al suo terzo mandato in Regione, che di preferenze a Milano ne aveva conquistate 6.614. «Ma non sono arrabbiato per come sono andate le cose — sostiene Scandella —. Erano altri che mi davano per sicuro capogruppo, ma io, conoscendo la situazione, avevo messo in preventivo questo risultato. Ora c’è molto altro lavoro da fare: cercherò di entrare nella VIII Commissione, quella su montagna, agricoltura, foreste e parchi. Già nello scorso mandato avevo lavorato in questo ambito e voglio dare il mio contributo».

Certo, un gruppo che si spacca ancora prima dell’insediamento del Consiglio non dà una bella immagine.
«Io avevo proposto una serie di modifiche operative all’azione del gruppo, che nella scorsa legislatura si era dimostrata un po’ fiacca. Avevo proposto di effettuare una serie di modifiche sull’assetto, l’azione e le modalità di lavoro, che avrebbero potuto rendere l’azione complessiva più efficace. La cosa non è però stata accettata da tutti, e si è preferita la proposta di Pizzul. Che è un’ottima persona, magari molto più tranquilla di me. È stata fatta una scelta un po’ più conservatrice».

Si dice che sulla scelta abbia pesato la sua vicinanza a Gori.
«In questi mesi di campagna elettorale per la carica di presidente della Regione Giorgio ha assunto una visibilità molto forte e un certo livello di protagonismo che diverse persone nel partito hanno sofferto. Anche al di là del risultato finale delle elezioni, che credo invece non abbia influito».

In che modo questo si è poi riflesso sull’elezione del capolista?
«Penso che qualche consigliere abbia agito con spirito di rivalsa nei confronti di Gori e abbia votato contro di me per colpire lui. Anche se io, certo, ho fatto la campagna elettorale insieme a lui non è che mi sono candidato alle Regionali perché me lo aveva chiesto lui. Ero già stato eletto cinque anni fa e sono arrivato alla candidatura attraverso un mio percorso all’interno del partito».

Gori aveva detto che avrebbe approfittato dei novanta giorni concessi dalla legge prima di scegliere fra Regione e Comune per organizzare l’attività del gruppo, ma non si può dire che abbia iniziato bene.
«L’organizzazione dell’attività del gruppo per i cinque anni si svolge in effetti nell’arco dei primi mesi dopo il voto, ma non è rappresentata solo dalla nomina del capogruppo: ci sono anche da decidere le presenze nelle commissioni, i rapporti con la maggioranza e la presidenza e altri aspetti. C’è ancora molto da fare».

Ma a questo punto l’autorità di Gori nel Partito democratico non esce minata dalla sconfitta alle elezioni e da questo primo inciampo all’interno del suo stesso gruppo?
«Credo che invece Giorgio continui a mantenere un’autorità molto forte all’interno del partito e rappresenti ancora una risorsa molto importante per il Pd lombardo, anche per il futuro. Non è che in giro ce ne siano cento di Giorgio Gori».

A voi ha detto se alla fine sceglierà la Regione o il Comune?
«Credo che molto probabilmente sceglierà di tornare a fare il sindaco. Non ce lo ha detto esplicitamente, ma l’impressione è quella»

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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