3 marzo 2018 - 11:57

Atalanta, niente miracoli, ma ora attendiamo la Pasqua nerazzurra

I riferimenti biblici per la speranza infranta, il momento della «Dea» visto dal regista ateo e razionalista. «Ma con un minimo di logica, come potevamo credere di battere Juve e Borussia?»

di Davide Ferrario

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Spero che nessuno si scandalizzi, perché questa non è l’intenzione: ma per un ateo razionalista come lo scrivente, l’esperienza più prossima alla religione è la fede calcistica. Ecco perché oggi il tifoso atalantino si sente come si dovettero sentire gli apostoli la sera del Venerdì Santo. Dopo aver atteso con trepida anticipazione il miracolo, si trovarono di fronte al fatto brutale che il miracolo non era affatto avvenuto. Anzi: tutto era ritornato nella normalità più assoluta. I potenti avevano vinto con una semplice esibizione della loro forza; la speranza riposta nella rivoluzione annunciata dal Nazareno era infranta. Il Golgota se ne stava lì a enunciare la crudele evidenza della realtà. Credo che a quel punto Pietro e gli altri fecero pensieri non dissimili da noi devoti alla Dea, analizzando con freddezza i motivi e le ragioni di quella speranza insensata che per settimane ci ha spinto a pensare che potevamo andare in finale a Lione o, quantomeno, in Coppa Italia.

Con un minimo di logica, come potevamo credere seriamente di battere prima il Borussia e poi tutti gli altri? O di eliminare la Juve, con cui non vinciamo una partita dai tempi dell’Antico Testamento? Eppure, miracoli ne erano accaduti e tutti ne siamo stati testimoni: il girone di Europa League vinto alla grande; lo straordinario 2-0 di Napoli… Abbiamo cominciato a credere che quelli, appunto, non fossero miracoli, ma la normalità. Così, anche, che il Papu potesse trasformare ogni tiro in gol, come qualcun altro l’acqua in vino… Ed ora, come san Tommaso, eccoci qui a dubitare. O, peggio, a cercare il Giuda Iscariota di turno: il povero Gomez, il centravanti che manca, Berisha con i guanti come una padella antiaderente… I siti ribollono di rimpianti, rammarichi, rancori. Ma se il paragone tra tifo e religione ha un senso, dovremmo ricordarci qual è il significato profondo della parabola evangelica. La sconfitta esiste ed è necessaria per preparare la resurrezione. È proprio il momento più buio quello in cui la fede deve brillare come una fiaccola nella notte di tenebre. Abbiamo perso sul campo, ma non nella dignità. Borussia e Juve andranno avanti nella loro normalità da grandi club: ma la storia da leggenda, fino a quel punto, è stata nostra, coinvolgendo tutti: squadra, società, tifosi. Si tratta di crederci ancora, con immutata speranza. La Pasqua è imminente.

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