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Canti e parole dal mondo la festa dei migranti

Sono 12.500 gli stranieri nel Bellunese. Il vescovo Marangoni ha invitato all’accoglienza e alla integrazione: «Hanno coraggio e progetti di vita»

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BELLUNO. Le parole e i canti da tutto il mondo hanno animato la celebrazione della Giornata dei migranti che è stata ospitata, come avviene di frequente, nella chiesa di Cavarzano e nella vicina sala parrocchiale.

Il vescovo Marangoni e diversi sacerdoti tra cui il responsabile dell’Ufficio Migrantes della diocesi, don Umberto Antoniol, hanno concelebrato la messa, davanti ad una chiesa gremita e a molti migranti che vivono nel Bellunese.

Sono 12.500 gli stranieri residenti in provincia, il 6 per cento della popolazione (dati Istat della fine del 2017): in leggera prevalenza donne, provenienti anzitutto da Romania, Ucraina, Marocco, in numero minore rispetto all’anno precedente.

Vengono da ogni parte del mondo, anche se nella chiesa di Cavarzano ieri erano rappresentate in particolare le comunità cristiane, dall’Ucraina alle Filippine, dall’America latina al Camerum, dalla Nigeria alla Moldavia.

Presente anche una delegazione dell’Associazione Bellunesi nel mondo, a rappresentare i tanti che hanno preso la strada dell’emigrazione, lasciando la provincia, in passato come oggi.

«Sono quattro i verbi che corrispondono ad altrettanti atteggiamenti e domande» ha detto il vescovo nella sua omelia. «Accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Il Papa ci ha detto che sono i verbi della vita». Parole a cui viene aggiunta quella della preghiera, «che rompe ogni confine, che supera ogni limite e ogni barriera. Preghiera che fa diventare il confine un terreno di incontro».

Sui migranti, che arrivano da situazioni difficili, di guerra, il vescovo ha aggiunto: «Chi fa il migrante ha un sogno, ha un progetto di vita, ha coraggio di esprimere se stesso».

Il tema è quello della chiesa di Papa Francesco, quello dell’accoglienza e insieme dell’integrazione. Non c’è dubbio che le comunità presenti ieri alla messa di Cavarzano sono da tempo e perfettamente integrate nel Bellunese.

All’omelia sono stati portati all’altare dai rappresentanti delle varie comunità i doni dell’offertorio: il pane e il vino, il pane offerto dalle donne ucraine, che significa condivisione fraterna, le bandiere del mondo, un mazzo di fiori, un cesto di frutta e di alimenti.

E una candela accesa, che come ha ricordato don Antoniol, vuole fare memoria di tutti i migranti che sono morti nelle carrette del mare o sulle rotte di terra che dai paesi in guerra o alla fame portano verso l’Europa. (ma.co.)

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