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Canale d'Agordo si ferma per l’addio a De Rocco

Il vescovo Marangoni commosso al funerale del sindaco: «Nutriva ammirazione e rispetto per don Albino Luciani»

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CANALE D’AGORDO. «Ciao sindaco buono che ti protendevi per venirmi incontro». Rievocando uno dei tanti incontri avuti con lui per il processo canonico di papa Luciani, il vescovo Renato Marangoni ha dato il suo ultimo saluto al sindaco di Canale d’Agordo, Rinaldo De Rocco, durante il funerale celebrato nell’arcipretale del paese, incapace di contenere la folla.

I sindaci agordini e non con la fascia, il prefetto, personalità della politica di ieri e di oggi con i loro ricordi, gli alpini con mille gagliardetti, tanti sacerdoti e il vescovo emerito Andrich con le loro preghiere, il mondo del volontariato con le sue divise, il coro con le sue voci, la comunità con le sue lacrime. Tutti lì per il collega, l’amico, il paesano che non c’è più, andato avanti troppo presto venerdì scorso.

Il vescovo ha interpretato il loro sentimento esprimendo «la nostra vicinanza affettuosa di preghiera» alla moglie Laura, alla figlia Nicole, al nipotino Evan. Monsignor Marangoni ha ripreso il vangelo: «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio».

«È la liturgia di oggi – ha detto – non l’abbiamo scelta noi e questa parola puntuale e appropriata ci sorprende. Gesù ci induce al fondamentale atto di giustizia che nella nostra vita, nei rapporti famigliari e amicali, nella professione, in ogni assunzione di incarico pubblico ci permette di attraversare il guado dell’esistenza. Rendere a ciascuno ciò che gli si addice è il coraggio di riconoscere la dignità dell’altro».

E al di là di quello che ha fatto per la comunità in vent’anni di amministrazione (dieci da vicesindaco e dieci da sindaco), il vescovo ha riconosciuto in Rinaldo De Rocco l’uomo. «L’ho conosciuto in particolare negli incontri relativi al percorso di santità di don Albino, che Rinaldo amava chiamare così – ha detto – la sua affabilità era percepibile immediatamente, nell’avvicinarlo si aveva la sensazione che la sua rilevante statura si protendesse e un po’ si inchinasse per venirmi incontro. Il suo era lo spontaneo atteggiamento del cuore, quello che ha dato di lui l’immagine di sindaco buono al quale, per fede personale, veniva naturale rendere a Dio quello che è di Dio. Che non è pagarlo, ma cercarlo. L’ammirazione e l’affetto che Rinaldo ha nutrito per don Albino avevano i tratti della ricerca di magnanimità del Signore».

Al termine del rito il parroco don Mariano Baldovin ha letto i messaggi del segretario di Stato Pietro Parolin, del postulatore della causa di beatificazione, cardinale Beniamino Stella, e della vicepostulatrice Stefania Falasca, e dell’ex sindaco di Wadowice (paese natale di papa Wojtyla, gemellato con Canale) Ewa Filipiak.

«Avevo visto Rinaldo a Venezia il 13 marzo scorso alla presentazione del libro sulla morte di Luciani – ha scritto Parolin – avevamo parlato del museo: si vedeva quanto gli stava a cuore quel progetto. Chi avrebbe pensato che da lì a poco il Signore lo avrebbe chiamato a sé con una morte repentina simile a quella di Giovanni Paolo I».

Gianni Santomaso

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