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Il prete alpino: «Siate profeti di coraggio»

Don Fasani ai 100 anni del San Boldo: il bene non si misura a colpi di maggioranza, andate controcorrente

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TRICHIANA. Messaggio durissimo degli alpini, sulla stretta attualità politica, dall’alto del passo San Boldo, dove ieri la sezione di Vittorio Veneto, con quelle di Belluno e Feltre, ha fatto memoria della “strada dei 100 giorni”, che unisce la Vallata alla Valbelluna, costruita giusto 100 anni fa. «I profeti hanno il coraggio di dire che il bene non si misura a colpi di maggioranza», ha tuonato don Bruno Fasani, interpretando il vangelo della messa che celebrava, «e quando una democrazia non sa distinguere tra il bene e il male cessa di essere democrazia e diventa associazione a delinquere».

Un autentico monito, quello di don Fasani, direttore de “L’Alpino”, il mensile delle 350 mila penne nere italiane, che ha parlato davanti a una folla di oltre 700 tra “veci” e “bocia”, circa una decina di amministratori locali e le delegazioni dell’Austria e della Cekia che sabato, a Follina, avevano commemorato i loro caduti.

Dalla prima galleria del San Boldo, gli alpini si sono mossi in corteo, salendo tornante dopo tornante, fino al valico. Circa 2 chilometri di sfilata, sotto le rocce, come si fosse lungo viale della Vittoria. E ai bordi strada non mancavano gli amici dei “naioni”, come ancora preferiscono essere chiamati, ad applaudire. In testa Francesco Introvigne, il presidente della sezione vittoriese, il generale Renato Genovese, del Consiglio nazionale, e i sindaci. A rendere omaggio alla capacità degli austroungarici per l’opera realizzata in poco più di 3 mesi c’erano pure gli alpini di Conegliano, Valdobbiadene, Treviso, Belluno e Feltre.

Dopo la salita e gli onori ai caduti, sono intervenuti delle autorità con brevi indirizzi di saluto e la straordinaria capacità organizzativa della sezione vittoriese e dei suoi 19 gruppi, a cominciare da quelli di Cison e Tovena. Quindi la messa di don Fasani. «Per essere profeti», ha detto, «bisogna coltivare il coraggio di andare contro corrente, affermando che il male è male anche se può essere moderno». D’altra parte, ha riconosciuto il sacerdote, gli alpini hanno la profezia non della parola, dell’annuncio, ma delle cose quotidiana da fare, quelle che servono veramente alle persone. «Sul territorio non si può barare», ha aggiunto don Fasani, «perché la gente ti riconosce. E per questa gente bisogna avere rispetto».

Le penne nere stanno dimostrando – ha aggiunto il sacerdote, ritornando sull’attualità, anche politica – di saper fare bene il bene, perché si fa presto a rompere; gli alpini, invece, dimostrano di fare bene ciò che è bene per mettere insieme la comunità, non per dividere. E non è mancato un accenno polemico anche a quella parte di Chiesa, oltre che di società, che sta contestando Papa Francesco. «Bergoglio è un pontefice che sta facendo un’autentica rivoluzione, fondata non tanto sul rispetto delle regole morali, pur necessarie, quanto sull’amore alla persona, che viene prima di tutto«. Da qui l’appello agli alpini a difendere questo papa “rivoluzionario”.

Francesco Dal Mas

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