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Di Maio sul crac ex Popolari «Quel rimborso è ridicolo»

Mestre, il candidato premier torna ad attaccare Boschi: «Doveva dimettersi» «Bankitalia, il governatore va eletto dal parlamento e non designato dal premier»

di Albino Salmaso
2 minuti di lettura
VIGONOVO. Il crac di Bpvi e Veneto Banca infiamma la campagna elettorale, con Luigi Di Maio che torna a chiedere le dimissioni del ministro Maria Elena Boschi e il cambio della procedura per la nomina del «governatore di Banca d’Italia, il cui controllo va sottratto al governo e affidato invece al parlamento che lo dovrà eleggere con una maggioranza dei due terzi» dice il leader grillino.

«Il nostro obiettivo? Puntare al 40%. Vinceremo noi perché l’Italia onesta è stufa di vedere Cirino Pomicino, Mastella e Miccicché padroni della politica. Il ministro Elena Boschi si doveva dimettere per lo scandalo della banca Etruria. E poi l’Economist che rilancia Berlusconi premier, dopo averlo definito inadatto a governare è la conferma che l’establishment si sta compattando sul Cavaliere. Siccome l’Economist è quello che scriveva che Trump avrebbe perso, e ha vinto; che la Brexit avrebbe perso, e ha vinto allora possiamo stare tranquilli». Luigi Di Maio è ottimista e nel suo tour veneziano, incontra gli attivisti grillini a Villa Sagredo a Vigonovo per una colazione di lavoro, poi sale su una barca e visita la zona industriale di Marghera assieme a Jacopo Berti, capogruppo in Regione, per un report sulle bonifiche e i marginamenti della laguna. Si concede un bagno di folla a Mestre e alle 19 il “faccia a faccia” con i risparmiatori e la presentazione di Gianluigi Paragone, conduttore de “La7”, ex direttore della Padania, uno dei big del giornalismo che il M5S intende candidare al Senato nel suo collegio a Varese.

L’affondo è durissimo: «Il crac di Bpvi e Veneto Banca è colpa di Bankitalia e Consob, che non hanno controllato. I risparmiatori vanno risarciti fino all’ultimo euro, quei 200 milioni stanziati dal governo nella legge di bilancio sono una presa in giro», dicono Paragone e Borrelli, che parlano in una sala che “scoppia” tra commercianti, imprenditori, piccoli risparmiatori rimasti sul lastrico per il crac che ha bruciato quasi 5 miliardi di capitalizzazione. Dopo l’ingresso di Banca Intesa a giugno il default è stato scongiurato, ma infuria la battaglia politica e giudiziaria per ottenere i risarcimenti e l’eurodeputato David Borrelli, ieri a Mestre, ha ribadito che la strada giusta si chiama Corte europea dei diritti dell’uomo. «Ho raccolto appena 5 mila adesioni sul nostro ricorso, i soci truffati sono oltre 200 mila, ci dobbiamo impegnare di più se vogliamo ottenere giustizia a Strasburgo».

Il dibattito coinvolge anche l’avvocato Andrea Arman, uno dei protagonisti del movimento dei risparmiatori: «Non siamo rassegnati, non lasceremo a nessuno saccheggiare il Veneto», dice il legale.

Luigi Di Maio rincara la dose: «Non può essere il governo a nominare il governatore di Bankitalia perché in tal modo non potrà mai essere indipendente: purtroppo anche quando sbaglia può ottenere il rinnovo com’è successo a Ignazio Visco. Lo scandalo Boschi cambia la campagna elettorale, le responsabilità del ministro sono chiarissime perché lei ha tentato in tutti i modi di salvare la banca del padre ad Arezzo. Il tema vero è che nessuno ha chiesto le sue dimissioni. Né Forza Italia né la minoranza del Pd. Spero che il Veneto punisca i partiti che hanno rafforzato il sistema delle vecchie banche popolari».

Dopo l’arringa, ecco la proposta politica concreta: «Se vogliamo uscire dall’emergenza e garantire stabilità al sistema, il governatore della Banca d’Italia va eletto con la maggioranza di due terzi dal Parlamento, basta con i decreti firmati dal presidente del consiglio: quello di Gentiloni è vergognoso. E poi bisogna mettere in galera i colletti bianchi, che in America pagano con il carcere e in Italia invece la fanno sempre franca».

Il M5S sa che per vincere la sfida nei collegi uninominali deve battere la Lega, che ha il Dna dell’«anti-stato» collaudato da vent’anni e il confronto si alza di tono. E a Vigonovo, dopo aver incontrato gli attivisti delle parlamentarie, Di Maio rilancia la sua ricetta: taglio dell’Irap e del costo del lavoro per battere la flat tax di Salvini.

«Presenteremo una manovra choc per tagliare il costo del lavoro e investire anche con la procedura di deficit. Il manifatturiero del Veneto non si può robotizzare, il modello da introdurre è quello spagnolo, non l’ha inventato Rajoy: lì hanno sforato il deficit senza rispettare i trattati di Maastricht, preso i soldi in deficit e tagliato il costo del lavoro e quando un imprenditore assume un dipendente a 1300 euro al mese, spende in termini reali appena 300 euro. Lo faremo anche in Italia».

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