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Orlando: inchiesta su Mascolo «Mafia, il pericolo è reale»

Il ministro della Giustizia: «Sto valutando l’azione disciplinare per il gup di Treviso Fondato l’allarme lanciato dalla Bindi: i clan sono un grande soggetto economico»

di Albino Salmaso
2 minuti di lettura

PADOVA. L’ordinanza del giudice di Treviso Angelo Mascolo che ha rimesso in libertà Luca Furlan, indagato per omicidio preterintenzionale? «Sto valutando se esistano gli elementi per avviare un procedimento disciplinare», dice il ministro della Giustizia Andrea Orlando, mentre sale le scale del municipio di Padova accompagnato dall’onorevole Alessandro Naccarato per partecipare a un dibattito elettorale. Il Pd ha deciso di schierare i big di governo per recuperare il gap con il centrodestra che pensa di vincere 28 collegi a 0 e il ministro torna sul “caso Treviso” e anche sull’allarme lanciato da Rosy Bindi, secondo cui l’infiltrazione dei clan in Veneto è stata sottovalutata.

Ministro Orlando, l’onorevole Bindi che presiede la Commissione Antimafia, nella sua relazione conclusiva parla di una “insufficiente attività di prevenzione e contrasto” e lascia intendere che in passato il pericolo sia stato ridimensionato: lei che impressione ne ha ricavato?

«Io non parlo sulla base di impressioni personali. Ci sono rapporti molto dettagliati della Direzione nazionale antimafia e anche le analisi svolte nel corso di questa legislatura dalla Commissione Antimafia che documentano come il fenomeno della criminalità organizzata non risparmi nessuna regione italiana. Laddove c’è un dinamismo economico elevato il rischio delle infiltrazioni è reale. La mafia ormai è un grande soggetto economico e finanziario e anche il Veneto è a rischio perché il suo dinamismo imprenditoriale può essere oggettivamente nel mirino dei clan. Alcune inchieste lo hanno dimostrato e credo sia importante non cedere a nessuna forma di allarmismo ma mantenere sempre alta l’attenzione e continuare l’analisi perché negli anni in cui si è fatto finta che il pericolo non ci fosse, la mafia si è invece sviluppata e ha messo solide radici. Non solo in Veneto».

Cosa ne pensa del giudice di Treviso Mascolo che avrebbe fatto copia-incolla di un’ordinanza e così il tribunale del riesame ha dovuto scarcerare un indagato?

«Ho chiesto all’ispettorato del ministero di Grazia e Giustizia di acquisire tutti gli elementi per valutare se esistano i presupposti per avviare un procedimento di carattere disciplinare».

C’è un altro caso che tiene banco: la sentenza del gup di Vicenza è l’esatto opposto di quella del gup di Roma sulla responsabilità civile di Banca Intesa nei confronti dei risparmiatori di Bpvi e Veneto Banca travolti dal crac: lei che ne pensa?

«Non commento mai le sentenze della magistratura, ma solo i fenomeni che in qualche modo possono costituire abnormità e che sono quindi connessi all’azione disciplinare. Le sentenze che seguono le regole del procedimento non possono mai essere oggetto della mia attenzione».

A Macerata dopo tanti dubbi è stata autorizzata la manifestazione antifascista, per lei è un segnale positivo?

«Quando si manifesta contro il razzismo in modo pacifico è sempre un segnale positivo, anche se io non ci sarò per impegni istituzionali ma condivido il corteo».

Lei ha anche detto che i “processi non si fanno in piazza”. Cosa significa?

«Significa che ci sono delle procedure e delle regole che non possono essere funzionali a questo o a quel teorema, influenzate o influenzabili dal sentimento che si può determinare da un fatto gravissimo, perché il processo è finalizzato all’accertamento della verità e non alla creazione del consenso di un partito. Grazie al cielo, il nostro sistema giudiziario non è legato al consenso. Altrimenti si produrrebbero dei mostri».

Dopo il folle raid di Luca Traini a Macerata la campagna elettorale si è incattivita, che piega sta prendendo?

«Non mi pare che prima fosse particolarmente edulcorata. Ma sta prendendo una bruttissima piega. Di fronte a fatti come quelli di Macerata si dovrebbe costruire la massima unità fra tutte le forze democratiche e antifasciste nel formulare una condanna senza aggiungere nient’altro, perché qualunque dubbio finisce per incrinare un fronte che va tenuto unito».

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