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La Regione pronta a reclutare pediatri privati e medici di base

Zaia esclude tagli e chiusure negli ospedali ma gli specialisti sono insufficienti Ora i manager sanitari vogliono assumere i professionisti nel servizio pubblico

Filippo Tosatto
2 minuti di lettura

venezia

Additata ad ogni piè sospinto come modello di efficienza nella spesa e di qualità delle cure, nei fatti la sanità del Veneto attraversa una fase problematica, scandita da un esodo dei medici dagli ospedali periferici, dall’evidente declino di alcune specialità, dal mancato abbattimento delle liste d’attesa. Criticità che non cancellano i traguardi conseguiti – leggi il primato nostrano nell’erogazione dei Lea (i Livelli essenziali di assistenza) sancito nei giorni scorsi dal ministero – ma richiedono soluzioni urgenti, pena l’acuirsi del disagio che a “macchia di leopardo” investe gli operatori e i pazienti.



L’impressione è che giunga al pettine il nodo che riflette due approcci stridenti. Quello del governatore Luca Zaia, fautore di una sanità pubblica universalista, che in nome del consenso esclude a priori i tagli strutturali, anche in presenza di “doppioni” onerosi, quali i punti nascita: «Noi investiamo nell’eccellenza, non chiuderemo neppure un ospedale», è il suo refrain cui fa riscontro l’orientamento “economicista” di Domenico Mantoan; otto anni fa, il direttore della sanità veneta ereditò dalla stagione galaniana un miliardo di disavanzo abbinato all’input zaiano di rimettere i conti in ordine. Il risanamento è stato avviato con buon successo ma ha comportato un prolungato blocco della spesa, soprattutto sul versante dell’organico del personale medico, con effetti oggi evidenti.



Così, se i “colossi” di Padova e Verona reggono l’urto e i presìdi dei capoluoghi si barcamenano, negli ospedali di provincia la situazione diventa allarmante. Emblematico il caso di Camposampiero che a metà dicembre, salvo sorprese, si ritroverà con un solo pediatra in servizio a fronte dei 6 indispensabili a garantire i turni h24; la carenza di figure professionali riguarda anche anestesisti, ortopedici, cardiologi e all’appello, oggi, mancano quasi 300 medici; ma se la revisione della riforma Fornero andrà in porto, saranno presto un migliaio le caselle vuote. Che fare per evitare il peggio? Zaia, incontrando il gruppo consiliare leghista a Venezia, ha negato la criticità della situazione confidando che la conquista di maggiore autonomia liberi risorse decisive.



Tra i manager, però, si fa strada un piano di misure urgenti. Se l’auspicio è che le università elevino il numero di specializzandi (tuttora insufficienti). la mossa immediata si rivolgerà ai pediatri di libera scelta e ai medici di base. Operano in regime di lavoro autonomo attraverso convenzioni con la sanità, ed entrambi saranno destinatari della proposta regionale di assunzione nel servizio pubblico. Ai primi, che vantano guadagni tripli o quadrupli rispetto ai colleghi ospedalieri e beneficiano di un arco d’impegno assai inferiore, sarà prospettato un progressivo ribasso delle convenzioni, in caso di diniego. I medici di famiglia saranno allettati da una promessa di carriera e impiegati in pronto soccorso, a fronteggiare i codici bianchi e verdi che incidono per l’80% sulle prestazioni. A tutti, è la scommessa, sarà ventilato un aumento retributivo (il rinnovo contrattuale langue da dieci anni) non appena la sospirata autonomia di spesa diventerà realtà. Basterà a convincerli? –



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