Il tempo e il sogno della RivoluzioneLa lezione-spettacolo di Paolo Mieli

diMichele De Feudis

«Era d’ottobre» è il lavoro teatrale che lo storico ed editorialista del Corriere della Sera proporrà il 5 novembre al teatro Palazzo, a Bari

«Rivoluzione? Non è una parola desueta. L’ha recentemente citata anche il senatore Mario Tronti del Pd durante il dibattito sul Rosatellum»: Paolo Mieli, storico ed editorialista del Corriere della Sera, domenica prossima (5 novembre, info: 080.975.33.64) sarà al Teatro Palazzo di Bari con Era d’ottobre, spettacolo realizzato per interpretare, in maniera originale, il centesimo anniversario della Rivoluzione russa del 1917, collegandola ad una rilettura dell’utopia comunista nel mondo e in Italia. «La rivoluzione - spiega al Corriere del Mezzogiorno Mieli - ha tanti significati. C’è senza dubbio quello legato al profilo otto-novecentesco, con la presa del potere con le armi, ma in altre accezioni pre-esiste alla rivoluzione francese e a quella d’Ottobre. Chi usa questo termine non fa più riferimento a gruppi armati che vanno sotto il palazzo del potere per espugnarlo. Anche perché quel “palazzo” non esiste più».

La memoria storica

La memoria storica, oltre i saggi e le trasmissioni tv, è il fuoco di una rappresentazione teatrale che consentirà a Mieli di presentare quello che potrebbe definirsi un «regime change», «attraverso un confronto diretto con il pubblico, potendone carpire reazioni ed emozioni». L’iconografia, in alcuni casi totalitaria, ha accomunato all’idea di rivoluzione una immagine festosa, dalla marcia su Roma dipinta da Giacomo Balla ai manifesti che celebrano Lenin ma, puntualizza Mieli, «aveva ragione Mao: la rivoluzione non è un pranzo di gala. Passa alla storia come una epopea gioiosa mentre questi cambiamenti radicali sono qualcosa di terribile e impongono ai popoli sacrifici inenarrabili».

Il 1917

Il 1917 in Russia consente di rilevare quanto sia «il carattere delle persone a fare la storia. Nei momenti difficili le personalità carismatiche si impongono e accelerano il corso degli eventi, anche manipolando i meccanismi tradizionali della trasmissione del potere dal popolo a chi lo esercita. E vanno inevitabilmente per le spicce pur di ottenere risultati immediati». Non a caso Lenin «tornò dall’Europa in Russia su un treno messo a disposizione dai tedeschi, che da ben tre anni erano nemici dello Zar, ma lo agevolano perché aveva intenzione di tirar fuori il suo paese della guerra, consentendo di poter sguarnire così il fronte che guardava a Mosca. Il leader di Simbirsk nel gennaio del 1918 sciolse l’assemblea costituente e sbrigativamente decise di uccidere lo zar Nicola II con altre 18 persone, tra cui la moglie, i figli e gli altri parenti».

Guttuso e i funerali di Togliatti

La rappresentazione teatrale di Mieli avrà al centro del palco il quadro «I funerali di Togliatti» di Renato Guttuso: l’opera diventa nei fatti il metro per misurare gli effetti della seduzione della rivoluzione tra gli artisti. «Il pittore - puntualizza Mieli - era un intellettuale organico al Pci. Dopo la morte di Palmiro Togliatti nel 1964 cominciò a dipingere una tavola raffigurando centinaia di dirigenti del comunismo mondiale intorno al feretro. Il quadro, terminato otto anni dopo, fu esposto a Mosca nel 1972: l’interpretazione della creazione artistica a metà della sua realizzazione, nel 1967, permette di valutare la maturazione dei comunisti italiani. Com’erano? Molto più indietro di quanto si rappresentavano». Più delle presenze nel dipinto sono le assenze a fare ancora rumore: «Non c’erano Castro, Mao Che Guevara. Perché? Erano molto amati ma furono esclusi perché dissidenti, non ortodossi, al pari di Nikita Krusciov. Non ci sono premi Nobel come Boris Pasternak o Aleksandr Solgenitsin, ma ci sono intellettuali molto meno rilevanti. Guttuso guardava alla storia allineandosi al prisma del partito comunista dell’Urss. Il percorso degli intellettuali nel liberarsi di dogmi e luoghi comuni è stato davvero molto lento».

«Sogno ancora la rivoluzione»

Mieli, infine, rivela di avere a cuore la parola «rivoluzione»: «Sono stato da ragazzo militante della sinistra extraparlamentare. Sognavo la rivoluzione, e se posso essere sincero, la sogno ancora. Ovviamente diversa da come la immaginavo a 18 anni. Ora - conclude - auspico cose semplici e liberali: mi piacerebbe che il sistema politico italiano diventasse una democrazia dell’alternanza compiuta, simile agli altri paesi occidentali, dove si sceglie tra due fronti. E c’è chi governa e chi fa l’opposizione, senza delegittimare continuamente il proprio competitore».

La newsletter del Corriere del Mezzogiorno

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie della Puglia iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui.


Instagram

Siamo anche su Instagram, seguici https://www.instagram.com/corriere.mezzogiorno/

1 novembre 2017 2017 ( modifica il 1 novembre 2017 2017 | 18:22)