Mafia, blitz con 25 arresti a Barinei clan Mercante e Strisciuglio

diAngela Balenzano

I provvedimenti cautelari giungono al termine di indagini coordinate
dalla locale Direzione distrettuale antimafia, condotte dalla Squadra Mobile

Decine di episodi di estorsione. Professionisti che telefonavano ai boss più temibili della criminalità barese per chiedere la restituzione di un motorino o di un’auto. Sono questi e molti altri i dettagli che emergono dall’inchiesta della squadra mobile di Bari, coordinata dalla Dda, che ieri ha portato all’arresto di 25 persone (15 in carcere e 10 ai domiciliari) ritenuti «esponenti di rilievo» dei clan Strisciuglio e Mercante. Nell’ordinanza di custodia cautelare sono stati contestati il traffico e lo spaccio di stupefacenti, due tentati omicidi, armi e numerosi episodi di estorsione con l’aggravante mafiosa. «È un motivo di grande preoccupazione che ci si rivolga ai malavitosi e non alle forze dell’ordine per avere giustizia» ha detto il procuratore aggiunto di Bari, Francesco Giannella riferendosi, in particolare all’episodio (riportato nelle carte investigative che racchiudono il periodo 2013-2014) in cui un medico del Policlinico nel 2014 chiamò il boss Giuseppe Mercante per ottenere la restituzione di due scooter che gli erano stati rubati.

Perché quel medico e tanti altri cittadini, soprattutto i commercianti, in quegli anni pagavano il pizzo ai clan del quartiere per poter andare avanti in un clima di sottomissione e omertà. «Un macigno che pesa sulla capacità di sviluppo dell’economia - ha detto ancora Giannella - e che alimenta una catena interminabile di illegalità». Alcuni commercianti sono finiti sul lastrico per pagare il pizzo al clan arrivando a versare più di duemila euro al mese e a chiedere prestiti per poterlo fare. Secondo gli inquirenti la situazione oggi è migliorata perché i cittadini hanno recuperato un po’ di fiducia e sono disposti a denunciare. Pur se le estorsioni ai commercianti restano la migliore fonte di guadagno delle organizzazioni criminali, soprattutto quelle che operano al rione Libertà. Agli indagati sono stati infatti contestati anche numerosi furti di auto e moto con conseguenti richieste di denaro per ciascun mezzo. Lo spaccio di droghe è la seconda attività redditizia delle cosche baresi. L’indagine di ieri ha riguardato proprio una guerra interna per la gestione dello spaccio. Da una parte il gruppo capeggiato al rione Libertà da Giuseppe Mercante e Alessandro De Bernardis, arrestati entrambi nella retata di ieri, e dall’altra quello che faceva capo alla famiglia Valentino. Le indagini della Mobile avrebbero appurato che Mercante si riforniva di stupefacente, anche di grossi quantitativi, da differenti canali, tra i quali il pregiudicato Luigi Luisi, ucciso nell’ottobre del 2016, oltre che a Francesco Cascella, Antonio Caizzi (anche loro finiti in manette) e da De Bernardis.

Il primo dei tentati omicidi contestati nell’indagine è quello di Vincenzo Valentino, esponente del clan Strisciuglio, avvenuto il 27 marzo 2014. Un agguato che sarebbe stato commissionato da De Bernardis a Riccardo Lucchesi e Michele Lorusso. Un gesto che non sarebbe andato a buon fine perché l’arma si inceppò. Secondo gli inquirenti si trattava di una risposta all’accoltellamento avvenuto nello stesso giorno da parte di Valentino ai danni di Umberto De Meo. Un gesto commesso, secondo gli investigatori, per legittima difesa. Il secondo tentato omicidio è avvenuto il 25 aprile del 2014 nei confronti di De Bernardis e Lucchesi ed è stato contestato a Giovanni Tritto e Christian Cucumazzo ritenuti esponenti della frangia degli Strisciuglio che opera al rione San Paolo. Anche in questo caso il gesto non si concretizzò per il malfunzionamento della pistola. Nel corso delle indagini sono state sequestrate armi e droga e durante le perquisizioni di ieri mattina avvenute contestualmente agli arresti, è stato trovato il libro mastro della droga con appunti sui quantitativi venduti e le somme di denaro ricavate.

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4 aprile 2018 2018 ( modifica il 5 aprile 2018 2018 | 06:57)