Mafia, confermate 43 condannefuori il figlio del boss Stramaglia

diRedazione online

A Cosimo Di Cosola, fratello del capoclan, 20 anni di reclusione come il primo grado
Ridotta gran parte delle altre pene. Fra le accuse anche omicidio e traffico di droga

La Corte di Appello di Bari ha confermato 43 condanne, riducendo quasi tutte le pene inflitte, nei confronti di altrettanti imputati, presunti affiliati ai clan baresi Di Cosola e Stramaglia, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, tentato omicidio, traffico e spaccio di droga, porto e detenzione di armi da fuoco e da guerra. I giudici hanno confermato solo la condanna a 20 anni di reclusione per il boss Cosimo Di Cosola, fratello di Antonio, il capo del clan che da tempo ha deciso di diventare collaboratore di giustizia. Cosimo Di Cosola è quindi ritenuto attualmente dai giudici l’unico capo dell’associazione mafiosa. Ridotte a pene comprese fra i 10 anni e i 2 anni le condanne inflitte nei confronti degli altri presunti componenti dell’organizzazione criminale.
Tra gli altri, i giudici hanno ridotto da 20 anni a 3 anni e 4 mesi la pena per Michelangelo Stramaglia, figlio del boss ucciso a Valenzano nell’aprile 2009, assolvendolo dal reato di associazione mafiosa e condannandolo solo per alcuni episodi di spaccio. Per Stramaglia è stata disposta l’immediata scarcerazione.
Alcuni degli imputati furono arrestati dalla Polizia, e molti di loro sono ancora detenuti, nel luglio 2014 nell’operazione ribattezzata «Hinterland 2». Si tratta dell’evoluzione dell’indagine «Hinterland» conclusasi a novembre del 2010 con 92 arresti che documentò i fatti da sangue che caratterizzarono l’estate del 2007 e l’autunno del 2008 quando le due famiglie criminali Di Cosola e Stramaglia erano in contrasto. Questo processo, invece, ha ricostruito la successiva alleanza tra le i due clan e le gestione del traffico di armi e droga nei territori di Bari, Adelfia, Triggiano, Valenzano, Bitritto, Sannicandro di Bari, Giovinazzo, Bisceglie, Rutigliano, Palo del Colle.

Condannato a 10 anni e mezzo l’armiere del clan Parisi

A proposito di mafia, intanto, il gup del tribunale di Bari, Rosa Anna Depalo ha condannato alla pena di 10 anni e 6 mesi di reclusione il presunto armiere del clan Parisi di Bari, il pregiudicato Antonio Caizzi. Nello stesso procedimento ha patteggiato la pena a 2 anni e 4 mesi di reclusione il 50enne incensurato Vito Ciscutti che custodiva nella propria casa le armi e la droga per conto di Caizzi. Il pregiudicato, difeso dagli avvocati Libio Spadaro e Sergio Ruggiero, è stato processato con il rito abbreviato. L’arsenale fu scoperto dai Carabinieri nell’ottobre 2016 nel box dell’abitazione di Ciscutti. Nascoste all’interno di una cassetta per utensili furono trovate sette armi da sparo, tra cui una mitraglietta automatica da guerra Skorpion, due pistole semiautomatiche clandestine, una pistola semiautomatica modificata, una pistola Savage e due revolver, oltre a 400 cartucce di vario calibro e circa un chilo di cocaina pura. Dopo l’arresto fu lo stesso Ciscutti, difeso dall’avvocato Marco Vignola, a confessare agli inquirenti della Dda di Bari di aver custodito armi e droga per conto del clan Parisi.

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20 gennaio 2018 2018 ( modifica il 20 gennaio 2018 2018 | 15:44)