Il (non) governo e i suoi burocrati

diGiandomenico Amendola

In Puglia un esecutivo c’è ma è paralizzato dalle trattative per le poltrone

La possibilità che in un futuro ormai prossimo possa essere disponibile un’auto senza guidatore incuriosisce ma non sembra emozionarci più di tanto. Più interesse desta invece la possibilità non remota che un Paese o una Regione possano andare avanti e prosperare senza governo. I media ci informano delle fumate nere nelle trattative per il governo e contemporaneamente qualche commentatore, forse per rassicurarci, ricorda i Paesi «senza governo e felici» come il Belgio rimasto privo di esecutivo per quasi due anni o la Germania che ha impiegato mesi per ricostituire un’alleanza di governo. C’è però anche chi fa notare come in quei Paesi la presenza di uno Stato efficiente sia garantita da una buona burocrazia pubblica.
In Puglia un governo c’è, ma sembra che oggi tutto sia paralizzato dalle trattative per occupare le poltrone lasciate vuote da precedenti assessori. Questa vicenda merita alcune riflessioni relative alla burocrazia regionale e alla sua qualità. Non è possibile fare di ogni erba un fascio, ma il pessimo funzionamento della sanità è, per esempio, addebitabile in ugual misura all’assessore al settore – in questo caso al presidente Emiliano – ed ai quadri di gestione. La vicenda dei mancati assegni ai malati di Sla è stata penosa; il governatore ha dato la colpa alla burocrazia che pure dovrebbe guidare e controllare. Se non fa questo, a che serve un governo? Lo stesso interrogativo accompagna gli intollerabili tempi di attesa per esami clinici indispensabili e la fuga di molti pugliesi verso gli ospedali del Centro-Nord. Nell’ultimo altisonante summit politico regionale, alcuni convenuti hanno accusato di insensibilità diversi dirigenti di settore. E dire che in Regione se li sono scelti spesso preferendo, soprattutto per le posizioni apicali, la fedeltà alla competenza.
Nel dibattito politico di questi giorni è tornato il problema Mezzogiorno, il cui accantonamento avrebbe contribuito al successo dei Cinque Stelle ed al crollo del Pd. Urgente, quindi, inserirlo nella prossima agenda di governo. Il problema, però, va innanzitutto posto nell’agenda degli stessi politici meridionali. Non è colpa solo del governo centrale se il voto di protesta al Sud è diventato, anche per la crisi economica, uno tsunami. Dipende anche e in larga misura dalla qualità della classe dirigente politica che al Mezzogiorno non brilla per affidabilità e correttezza. I cittadini, che pure l’hanno eletta e coccolata, di tutto questo cominciano ad accorgersi.

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10 aprile 2018 2018 ( modifica il 13 aprile 2018 2018 | 08:10)