Battaglia sull’Ilva, l’ira di Tarantoparlino i giudici e l’Europa dica la sua

diFrancesco Strippoli

Dopo il «no» all’accordo, per protesta il sindaco diserterà stamane il tavolo con De Vincenti. Il monito del premier a lui e ad Emiliano: «Non facciamo scappare Arcelor»

Lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto

Lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto

BARI - È davvero complicato immaginare un percorso che si allontani dalle aule della giustizia nazionale e comunitaria». Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, annuncia che è pronto a rivolgersi ai giudici italiani e alle autorità di Bruxelles. Ma immediatamente viene invitato a tornare sui suoi passi dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, intervenuto stamane alla trasmissione «Uno Mattina» su Rai Uno. La decisione del governo di respingere l’accordo di programma - suggerito dal Comune e dalla Regione per mettere fine al conflitto sul decreto ambientale relativo all’Ilva - produce una reazione asperrima. Il Comune è pronto a tre passi. Primo: riproporre, davanti al Tar, la richiesta di sospensione del decreto, congelata in attesa della risposta del governo. Secondo: studiare di rivolgersi alla Procura per domandare se sia lecito che il governo non esibisca la documentazione sull’affidamento provvisorio dell’Ilva ad Arcelor Mittal e sul relativo piano industriale. Terzo: raccogliere elementi per un esposto da presentare alle autorità della Ue sulle «procedura di aggiudicazione» della fabbrica. Per di più, oggi a Taranto non si presenta al tavolo del Cis (contratto istituzionale di sviluppo) con il governo.

Il silenzio (momentaneo) di Emiliano

Insomma, sembra arrivato il momento del conflitto totale. Il sindaco lo dice con cruda chiarezza: «O si dà soddisfazione piena alle istanze di Taranto - dice Melucci - o nemmeno la chiusura definitiva dello stabilimento Ilva rappresenta più un tabù». Per ora, non si fa sentire la voce della Regione. Il presidente Michele Emiliano - fin qui il più acceso nei confronti del governo - osserva uno scrupoloso silenzio. Nessuno riesce ad interpretarlo e solo le prossime ore diranno a cosa miri la Regione. È certo che la giunta regionale (anch’essa aveva congelato la richiesta di sospensione al Tar) fosse in attesa di leggere nel dettaglio la replica del governo, dopo le critiche degli enti locali sul decreto ambientale che regola la cessione e il funzionamento di Ilva. La volontà emersa nei giorni scorsi dall’entourage di Emiliano era di sedersi al tavolo a discutere. «Salvo - si disse - che la replica dei ministeri interessati (Sviluppo, Ambiente, Salute, Mezzogiorno) non significhi un rifiuto totale di tutte le nostre richieste».

Mancata disponibilità anche sul danno sanitario

Questa è l’interpretazione che fornisce il Comune. I ministri, dice il sindaco, «hanno preferito ancora una volta la strada del dileggio e del disprezzo di tutte le nostre istanze, trincerandosi dietro ad una valanga di formalismi, che nulla hanno a che vedere con la salute, l’ambiente e il lavoro: l’impressione è che vogliano allontanare ogni ipotesi di accordo e mettere gli enti locali nella difficile condizione politica di non poter arretrare». «Neppure sulla valutazione preventiva del danno sanitario - commenta da palazzo di Città l’assessore Rocco De Franchi - ci è stata accordata una disponibilità». Senza risposte, lo scontro giudiziario sembra inevitabile. La causa, davanti al Tar di Lecce, riprenderà il 6 marzo, due giorni dopo le elezioni. E chissà se le urne avranno consegnato una maggioranza chiara che renda agevole la nomina del nuovo governo. Ovvero dei nuovi ministri chiamati a valutare la questione Ilva. Va detto che il Comune si rivolge pure alla Regione e le chiede di «mettere ordine tra i propri organismi». Sembra l’ingiunzione a evitare i contrasti manifestatisi nei giorni scorsi tra l’Arpa e il dipartimento Ambiente della Regione. Sull’atteggiamento del Comune si fa sentire, molto preoccupata, la voce dell’Ugl. «Dietro la minaccia di chiusura dell’Ilva - dice il segretario generale Paolo Capone - ci sono 14mila dipendenti e relative famiglie che rischiano di restare senza un lavoro. Per questo auspico che si arrivi ad un compromesso per salvare l’occupazione, senza dimenticarci della sicurezza dell’ambiente e della salute».

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31 gennaio 2018 2018 ( modifica il 31 gennaio 2018 2018 | 13:44)