Se fitto si siede a capotavola

diSergio Talamo

I partiti e le potenziali sorprese

Si conclude una campagna elettorale ritenuta da molti la più vacua e superficiale di sempre. Ma tutta la Seconda Repubblica è piena di iperboli e promesse irrealizzabili. La vera novità è che quelle di domani non sono tanto elezioni quanto uova di Pasqua: ogni voto ha dentro una sorpresa. A meno che una delle coalizioni non faccia il botto - evento poco probabile - il voto è al buio. Credi di prendere un partito, o una coalizione, e ti trovi dentro un’altra. Prendiamo Silvio Berlusconi. Dopo aver rilanciato il consueto arcobaleno di suggestioni, con la “flat tax” nel ruolo di regina, è stato attento a sfumare sui veri nodi delle scelte future: jobs act e flessibilità, legge Fornero, immigrazione e soprattutto l’euro, mentre non solo Luigi Di Maio ma anche Matteo Salvini dalla moneta unica sono entrati ed usciti come da un pub. Ecco, appunto Salvini: Berlusconi è stato così aperto ed inclusivo sulla futura premiership - la parola “Tajani” è stata più sussurrata che declamata - da rendere chiaro a tutti che il vero obiettivo della Forza Italia edizione 2018 non è vincere ma dare le carte. Con Berlusconi regista, potranno andare in goal i dem Gentiloni o Minniti, il leghista Maroni, varie riserve della Repubblica ed anche il sogno proibito Mario Draghi. Forza Italia è quindi un partito ad alleanza variabile, che rassicura l’Europa e che non ha nessuna voglia di perdersi il circuito della ripresa.

E all’interno della galassia del centrismo, con abilità tattica, Raffaele Fitto ha costruito una lista, Noi con l’Italia, che all’inizio è stata vista come un concentrato di reducismo: Fitto, Lupi, Cesa, tutti ex di qualcosa, tutti notabili in cerca di casa. In realtà il progetto era di usare i propri piccoli numeri per provare a riequilibrare una coalizione in funzione anti-Lega e anti-destra in generale. Molti elettori moderati hanno iniziato a pensare che votare il suo partito significa mettere in sicurezza una coalizione che Salvini porterebbe fuoristrada, sul piano internazionale ma anche nel delicato equilibrio Nord-Sud. E’ questa la forza attrattiva che sembra spingere Noi con l’Italia verso la soglia magica del 3 per cento. Il centrodestra appare quindi una coalizione scomponibile. E non solo dal lato forzista. Anche chi vota Salvini non può essere certo di nulla. Sono troppe le analogie di linguaggio e obiettivi con un Movimento 5 Stelle che nei messaggi cifrati non spezza mai il dialogo con la Lega.

Così come resta solido un diverso dialogo, accarezzato da Alessandro Dibattista - un altro, come Bobo Maroni, che se ne sta ora in disparte per tornare in scena dalla porta principale - con il partito di Pietro Grasso e di quel Pier Luigi Bersani che con i grillini già ci provò nel 2013. Altri voti a direzione variabile. Completa il quadro Liberi e Uguali, il partito di Pietro Grasso e Massimo D’Alema, che si è espresso sia per «la grande coalizione» con Renzi e Berlusconi sia per il suo contrario, il sempre efficace «mai con la destra». Vista la confusione sotto il cielo, prende sempre più spazio il Gentiloni-style, riga al centro e parole centrate, che ogni due concetti infila un richiamo alla necessità di risalire la china «tutti insieme». Una posizione fortemente sostenuta dal suo «padre politico» Francesco Rutelli e anche da altri nomi storici del Partito democratico come Walter Veltroni, Romano Prodi e Enrico Letta. La democrazia si ravviva nella trasparenza e si indebolisce nell’opacità. Quindi questo caleidoscopio di soluzioni non è un fattore salutare. In una Pasqua anticipata di un mese, gli elettori possono solo fare scommesse sulle loro uova: prendo questo, mi piace la confezione. Cosa mi capiterà? Con l’unica certezza che a mettere ordine fra le sorprese in vista sarà Sergio Mattarella.

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3 marzo 2018 2018 ( modifica il 3 marzo 2018 2018 | 19:11)