Mezzogiorno, 8 dicembre 2017 - 11:34

Il ricordo di don Tonino Bello
ordinato sacerdote sessant’anni fa

Era giovane. Ma per le sue speciali «doti di cuore» il vescovo chiese una dispensa

di Giancarlo Piccinni

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Il Sud del Sud: era un’espressione che spesso mi ripeteva in macchina , quando ci si spostava da un paesino all’altro. Il Sud del Sud. Non coglievo però nessuna tristezza nei suoi occhi: e mentre io, ancora adolescente, sognavo un riscatto della nostra terra attraverso nuovi modelli di sviluppo sulla scia delle ricche regioni del Nord, lui rimaneva disincantato dinanzi a tale prospettiva e il suo sguardo era ancorato alla sua terra, ai suoi colori, alla sua nudità, alla sua povertà. Don Tonino aveva già intuito che quella povertà, quella essenzialità era per tutti noi un privilegio e che forse, ben presto anche il suo Salento sarebbe diventato ostaggio di quella «ricchezza vampira» che giorno dopo giorno sottrae dignità e identità.

Gli anni della fame e delle incertezze

In questo Sud, periferia della storia e della geografia, ad Alessano, il 18 marzo del 1935 nasce Tonino Bello, da Maria Imperato e da Bello Tommaso. Non aveva compiuto ancora dieci anni e già aveva conosciuto le tristezze della vita: la morte del padre e quella dei due fratelli maggiori in guerra aveva portato sconforto nella sua famiglia e nel suo cuore. Da adulto ricorderà: «Mio padre non lo ricordo. So che piangevo in segreto quando vedevo i miei compagni delle elementari accompagnati a scuola dai loro papà». Gli anni dell’infanzia del piccolo Tonino sono anni difficili, anni di fame e di incertezze, vissuti con mamma Maria, e i piccoli Trifone e Marcello, «sapore di pane solo pane, profumi di campo e di bucato». La chiesa è a quattro passi da casa, la scuola pure. L’incontro con il maestro aprirà nel suo cuore squarci di stupore. L’intelligenza e la bontà del ragazzo non sfugge al parroco, don Carlo Palese, che propone al ragazzo la vita del seminario.

Nel seminario di Ugento

Era l’ottobre del 1945 quando, con una valigia piena di sogni, varcò la soglia del seminario di Ugento. Inizia per Tonino una nuova vita, fatta di preghiera, studio, nuove conoscenze, mentre compagni e educatori si accorgono di questo ragazzo bravo e generoso. Dopo cinque anni il giovane Tonino raggiunge il seminario regionale di Molfetta: eccelleva in tutte le materie, giocava a calcio e amava tutti gli sport, suonava l’organo e la fisarmonica, amava il canto, e il suo spirito gioviale lo rendeva amabile a superiori e compagni. Dopo tre anni in terra di Bari, il suo vescovo, monsignor Ruotolo, gli propone di proseguire gli studi presso il seminario Onarmo di Bologna, dove si trasferisce nell’autunno del 1953.

Da Bologna al ritorno nella sua terra

L’Onarmo (opera di assistenza religiosa e morale degli operai) offre un percorso formativo alternativo: si studia il pensiero sociale della chiesa, si approfondisce la storia del movimento del sindacato, si frequentano le fabbriche e si legge il vangelo con gli operai. Si vive insomma una vera rivoluzione formativa. Il giovane Tonino a Bologna dal cardinal Lercaro riceve gli ordini minori e l’ordinazione diaconale e la proposta di rimanere per sempre in quella diocesi. Tonino ringrazia il cardinale, al quale è legato da stima profonda e sentimenti filiali, ma sceglie di tornare nella sua terra salentina: un legame che lo accompagnerà per sempre in vita e in morte.

La data da ricordare

L’8 dicembre del 1957 don Tonino nella sua Alessano fu ordinato sacerdote da monsignor Ruotolo: l’età non era quella canonica, essendo ancora troppo giovane, ma il vescovo chiede la dispensa. Il padre spirituale del seminario così scrive a mamma Maria: «Nella festa a noi tanto cara della Immacolata regina del cielo e della terra, sarà conferita una dignità divina e il potere di dispensare alle anime dei fedeli gli ineffabili doni della grazia al suo egregio e amabile figliolo, dotato di speciali doti di mente e di cuore, ornamento del nostro seminario».

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