Con gli occhi di Mario. Cento scatti di Riccio in mostra al Maschio Angioino

diEleonora Puntillo

Da fattorino de «l’Unità» ne divenne fotoreporter. Poi passò al «Corriere». Un’esposizione racconta volti e storie della sinistra a Napoli tra gli anni ‘70 e ‘80

Mario Riccio

Mario Riccio

Cento immagini di quei tempi di lotte, speranze, vittorie: Enrico Berlinguer e il famoso Festival nazionale de l’Unità del settembre 1976 alla Mostra d’Oltremare, il terremoto dell’80, il movimento operaio, gli studenti. «Con gli occhi di Mario» è la mostra dedicata a Mario Riccio fotogiornalista nella redazione napoletana de l’Unità , approdato in seguito al Corriere del Mezzogiorno e scomparso il primo novembre di due anni fa. Arrivò non ancora sedicenne nelle stanze dell’Angiporto Galleria 5 (oggi piazzetta Matilde Serao), che al primo e secondo piano ospitava Il Mattino che di lì a poco si sarebbe trasferito al Chiatamone, al terzo una sartoria e un alberghetto a ore, al quarto l’Unità subentrata nel 1949 a La Voce quotidiano nato come organo della sinistra unita. Ragazzo dei Quartieri (quelli spagnoli «nobili» e non malfamati: abitava a Cariati, nei pressi del corso Vittorio Emanuele) Mario sostituì come fattorino Sergio Gallo che diventava praticante giornalista dopo aver fatto lo studente-lavoratore.

Un lavoraccio: il fattorino doveva portare il «fuorisacco» (busta con gli scritti mattutini) al vagone postale del treno delle 14 per Roma; nel pomeriggio doveva andare tutte le volte che lo richiedeva la convulsa cronaca al servizio telefoto e telescriventi della Posta Centrale dove venivano trasmessi gli articoli alla sede di Roma (con una bella quantità di refusi…). Doveva rispondere al telefono, ricevere visitatori e capire a chi indirizzarli. Nel 1962 la redazione si trasferì al 156 della allora via Roma (non ancora tornata all’originale toponimo Toledo del 1538 restituitole nel 1976 dal sindaco Maurizio Valenzi). Fu lì che Mario entrò nello sgabuzzino dove il fotografo Franco Feliciotti aveva la camera oscura, e imparò a stampare e a fotografare. Gli piaceva questo doppio lavoro, seguiva le manifestazioni, i cortei, imparò come sfuggire alle cariche della polizia, mettendo in salvo macchina fotografica e immagini. «Lo incontrai nel 1968 in piazza Plebiscito dove s’era appena conclusa una manifestazione per il lavoro, pioveva forte e io che avevo l’ombrello riparai lui e la macchina fotografica»: così la moglie Emma ricorda il loro primo incontro Si sposarono nel ’73, poco dopo Mario fu assunto come fotografo e Feliciotti passò al servizio diffusione. In quegli anni il Partito comunista e l’Unità raccoglievano consensi crescenti per le azioni politiche in occasioni di tragedie come il colera del 1973, quando il Pci e la sua rete di sezioni territoriali organizzarono richiesta e attuazione di vaccinazioni e disinfezioni generalizzate, suscitando quella fiduciosa calma della popolazione che tanti inviati più o meno speciali definirono «sorprendente».

E quando l’assurda violenza dello sgombero del rione Terra provocò panico e fuga della popolazione da Pozzuoli durante l’innalzamento del suolo dovuto al bradisismo. L’Unità fu il primo giornale nazionale a dare le drammatiche notizie, come era già accaduto (e continuò ad accadere) con la rivelazioni di scandali, con le denunce sullo scempio urbanistico della città. La redazione veniva frequentata dagli inviati dei più importanti quotidiani e periodici italiani e stranieri. In quelle stanze sono passati Giampaolo Pansa, Bruno Tucci, Nello Ajello, Alfonso Madeo, Paolo Pernici, Marzio Breda, Corrado Stajano, Camilla Cederna e molti altri; in via Cervantes 55, ultimo domicilio, Roberto Ciuni era di casa nel 1977, quando voleva conoscere la città, essendo destinato a diventare direttore del Mattino. Mario, divenuto giornalista professionista e rimasto corrispondente dopo la chiusura delle pagine locali, mantenne la tradizione dell’ospitalità e quella dell’addestramento, tradizione che continuò al Corriere del Mezzogiorno: tanti allora giovani gli devono esperienze professionali decisive. Io gli sono grata anche per aver mantenuto e accresciuto una mia creatura: l’archivio fotografico. Rivedere quelle buste nelle nostre scatole conservati da Valentina, trovare le immagini di questa mostra, è stato davvero come ringiovanire.

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19 ottobre 2017 2017 ( modifica il 19 ottobre 2017 2017 | 10:30)