Il racconto-choc di Renata, seviziata dal prete-esorcista: «Mi picchiava ma stavo bene»

diTitti Beneduce

La quindicenne e le accuse al sacerdote di Casapesenna, don Michele Barone

Don Michele Barone, il sacerdote arrestato per maltrattamenti e lesioni durante gli esorcismi, lei lo detesta: «Io ho sempre provato repulsione per i sacerdoti, in particolare verso di lui». Ricorda confusamente le violenze cui veniva sottoposta: «Mi mettono in macchina e andiamo a Casapesenna da questo sacerdote. Quindi lui sale in macchina, fa... Non so che cosa fa, però quando mi risveglio mi ritrovo con il sangue addosso».

Al tempo stesso però Renata (nome di fantasia) a don Michele è grata: «Dopo questa benedizione sì, stavo meglio molto meglio. Poteva darsi anche che mi avesse picchiato, mi avesse preso per i capelli, però io quando mi riprendevo non li sentivo i dolori, io stavo benissimo». Addirittura si preoccupa che possa soffrire a causa dell’arresto («Perché dovete far soffrire una persona mettendola in galera?») e manifesta il desiderio di salutarlo: «Posso andare a salutare a don Michele? Anche domani posso?».

Sta vivendo un momento difficile e confuso la ragazzina di 15 anni oggetto, secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, di gravi sevizie da parte del sacerdote. Le contraddizioni e le difficoltà sono deflagrate nel corso del lungo colloquio che Renata ha avuto il 23 febbraio scorso con il pm Daniela Pannone, titolare dell’inchiesta assieme al collega Alessandro Di Vico, in modalità protetta e alla presenza di due esperti, uno psichiatra e una psicologa. I sentimenti nei confronti di quello che gli inquirenti ritengono il suo aguzzino sono ambivalenti: «Mi ha sempre spiegato tutto, solo che io non lo volevo stare a sentire, ma mi ha sempre spiegato tutto, ogni cosa che faceva non lo faceva senza il mio consenso. A tagliarmi i capelli me l’ha chiesto molti giorni prima, forse, che io lo accettassi».

L’adolescente, che per i genitori e il prete era un’indemoniata da salvare, ha ancora gravi disturbi psicofisici e dovrà seguire un lungo cammino per ritrovare se stessa. Non sarà facile, anche perché, per il momento, ha rimosso molti ricordi. E non vuole ritrovarli: «Secondo me, anche per le cose che facevo, è meglio non ricordare. Cioè, perché io ho visto i video ed è meglio non ricordare. Cioè c’erano cose che, secondo me, mi danneggerebbero solamente a livello psichico. Non voglio ricordare i minimi particolari, cioè quello che facevo durante queste benedizioni... Erano cose brutte». In più di 80 pagine di verbale, Renata ricostruisce con fatica i suoi ultimi e difficilissimi anni, segnati da gravi problemi psicofisici: disturbi alimentari, difficoltà a camminare, momenti di forte agitazione. Problemi per risolvere i quali i genitori, interrotte le terapie mediche, si erano affidati a don Barone. Il sacerdote è stato tenuto in carcere dal Riesame; per i prossimi 10 e 17 aprile è fissato l’incidente probatorio nel corso del quale saranno sentite una delle due sorelle della ragazzina e due donne che sostengono di essere state molestate sessualmente dal religioso.

Nonostante ostenti benevolenza per il sacerdote, la quindicenne non riesce a nascondere il dolore che ha vissuto. Per due volte, nel corso dell’incontro con il magistrato e gli esperti, Renata racconta i problemi che ha avuto all’orecchio, quell’orecchio che don Barone schiacciava con le sue Hogan fino a deformarglielo; è la vicenda che è costata al prete l’aggravante delle lesioni permanenti. «Mi hanno messo questa... Mi hanno poggiato questa reliquia sull’orecchio ed immediatamente si è sgonfiato, infatti io mi svegliai con l’orecchio gonfio e rosso e pieno di sangue. Cioè non è che era pieno di sangue, ma era come se uscisse pus da dentro... Dopo essermi svegliata no, però a casa, mentre mi facevo la doccia, mi sentivo il livido, andavo a vedere e mi stava comparendo... Non è fantasia, non è immaginazione, però io lo vedevo».

Renata fa riferimento anche a dei lividi. Allo psichiatra che le chiede dove se li ritrovasse, risponde: «Sulle gambe, sulla schiena, sulla pancia». E alla domanda su che spiegazione le dessero i genitori di quei lividi: «Nulla, non me l’hanno mai spiegato». Poi aggiunge che i lividi non venivano curati («Niente, passavano») mentre l’orecchio sì, in questo modo: «Mettevamo il ghiaccio».

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6 aprile 2018 2018 ( modifica il 6 aprile 2018 2018 | 09:12)