Matrimonio alla Reggia di Caserta, Montanari: «Diseducativo aprirla alle feste dei ricchi»

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Pochi giorni fa la denuncia «dello sfascio dei beni culturali» a seguito della riforma Franceschini. «Quello che accade alla Reggia di Caserta ne è un esempio, dopo le gare di canottaggio ora anche i matrimoni», spiega lo storico dell’arte Tomaso Montanari.

Da tempo lei critica la commercializzazione dei beni artistici. Non è una battaglia di retroguardia?

«Spero che sia di avanguardia. Capisco che sia contraria allo spirito dei tempi, oggi tutto ha un prezzo. Ma altrove, per esempio negli Stati Uniti c’è una discussione ben più avanzata, perché sanno che si paga un prezzo quando svendi i tuoi beni, perché perdono di valore. La Reggia di Caserta dà un senso alla vita, non ha dunque prezzo».

Ma al di là della mercificazione cosa pensa dell’apertura dei siti a eventi?

«Ne faccio un discorso di giustizia sociale: la Reggia è mantenuta anche dalle tasse del precario, dell’operaio, è giusto se, come ai tempi dei Borbone, si apre per le feste dei ricchi? È straordinariamente diseducativo. Si torna a una società predemocratica, dove contano solo i soldi. La Reggia torna a essere dei ricchi e non dei nuovi sovrani cioè del popolo. Il filosofo americano Sandel lo spiega bene in “Quello che i soldi non possono comprare”. Non è che si rovina la Reggia materialmente, ma la sua funzione culturale sì: e bisognerebbe avere l’intelligenza di capirlo».

Dunque meglio i soprintendenti dei supermanager?

«Sono stato ipercritico nei confronti dei soprintendenti, possiamo anche essere contro la sanità italiana, ma non per questo chiudi gli ospedali. Chi di noi metterebbe gli stregoni al posto dei medici?».

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6 gennaio 2018 2018 ( modifica il 6 gennaio 2018 2018 | 10:11)