Napoli, Di Lauro jr ai carabinieri che l’arrestavano: «Macché droga, io faccio il pizzaiolo»

diFabio Postiglione

Il rampollo del capoclan, già a 16 anni gestiva le piazze di spaccio

Venti giorni fa al rione dei Fiori, il bunker del clan Di Lauro di Secondigliano, allo scoccare della mezzanotte i fuochi d’artificio hanno illuminato le strade a giorno. Musica a tutto volume e un via vai di ragazzi in scooter fino all’alba. C’era da festeggiare un avvenimento importante: Salvatore Di Lauro aveva compiuto 30 anni, dieci dei quali li aveva passati in carcere. All’età di 16 anni aveva gestito con il carisma di un boss le «piazze» di spaccio che il padre Paolo, conosciuto come Ciruzzo ’o milionario , gli aveva dato in eredità prima di finire al carcere duro dove tutt’ora è recluso da oltre tredici anni. Fino a ieri Salvatore era un uomo libero, poi all’alba polizia e guardia di Finanza gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare per associazione camorristica perché ha ripreso in mano le redini della cosca. Ma Totore, conosciuto da affiliati, nemici e pentiti come ’o terremoto perché in grado di distruggere tutto ciò che aveva davanti, si è difeso dicendo di essere innocente. Ma non come fanno tutti, lui ha detto di più. Ha spiegato di aver cambiato vita e che adesso lavora come pizzaiolo.

Lo ha detto ieri, ma lo aveva già detto a giugno quando finì in carcere per le stesse accuse ora contestata in un nuova ordinanza. «Io trafficante di droga? Ma che dite? Impasto pizze Margherite e Marinare. Faccio il pizzaiolo da mesi». Ma per le forze dell’ordine la polvere bianca che maneggia non è farina come sostiene lui, ma cocaina purissima che arriva direttamente dai canali colombiani attivati oltre venti anni fa dal padre e che hanno portato i Di Lauro a diventare una delle cosche più ricche e potenti della Campania. Un business a nove zeri che ha scatenato tremende e feroci faide negli Anni 90 (Di Lauro contro i Ruocco a Mugnano) nel 2004 con 84 morti in dieci mesi. Salvatore ai tempi della faida di «Gomorra» aveva 16 anni ma era un boss conclamato così come ha raccontato uno dei suoi migliori amici, Carlo Capasso, killer a suo servizio e ora pentito. Di Lauro jr era tanto severo e preciso nel suo «lavoro» da capo, che addirittura multava i pusher che facevano tardi.

La «famiglia», proprio come una multinazionale, ha accentrato il meglio degli affari proprio a tutti quelli che portavano il cognome Di Lauro. Primo tra tutti Cosimo, il capoclan con il giaccone in pelle stile Matrix » e il codino. Poi c’è suo fratello Marco, in fuga da oltre 14 anni. Il boss «fantasma» che ancora detta legge e scrive strategie per il clan che adesso ha ripreso il controllo non solo del rione dei Fiore, ma di buona parte di Secondigliano, è imprendibile. A garantire la solidità della cosca ci sono liberi Raffaele Di Lauro. Prima di lui Vincenzo, poi Ciro. Già In carcere oltre a Cosimo ci sono anche Antonio che sta scontando 9 anni di reclusione per camorra e Nunzio che ne sta scontando invece 17.

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1 marzo 2018 2018 ( modifica il 1 marzo 2018 2018 | 07:35)