«un monument man per capodimonte»

Quando i nazisti rubarono la Danae

Giovedì a Capodimonte un'iniziativa per ricordare quello che accadde durante la seconda guerra mondiale

«un monument man per capodimonte»

Quando i nazisti rubarono la Danae

Giovedì a Capodimonte un'iniziativa per ricordare quello che accadde durante la seconda guerra mondiale

La «Danae» di Tiziano, che fu sottratta all'Archeologico di Napoli La «Danae» di Tiziano, che fu sottratta all'Archeologico di Napoli
NAPOLI - C'era anche la «Danae» di Tiziano, capolavoro rinascimentale di bellezza con la protagonista morbidamente distesa su di un drappo bianco, tra i quindici dipinti che durante la guerra furono trafugati dai musei napoletani ad opera dei nazisti. Sembra un film, per la precisione sembra la trama di «The monuments men», la pellicola di George Clooney in uscita nelle sale. Invece si tratta di realtà, la racconteranno gli esperti a Capodimonte giovedì alle 16 in un incontro intitolato proprio «Un Monument man per Capodimonte». A illustrare nel dettaglio la vicenda ci sarà Brigitte Daprà, funzionaria del museo e responsabile dell'ufficio mostre. Tra i protagonisti della storia dei recuperi di numerosi capolavori napoletani ci fu lo studioso e «agente segreto dell'arte» Rodolfo Siviero, che dopo la fine del conflitto ebbe dal governo la delega di trattare con gli alleati per far tornare le opere in Italia.

«Nel corso della seconda guerra mondiale», ricorda Daprà, «alcuni dipinti furono messi in sicurezza in due depositi fuori Napoli: quello di Cava de' Tirreni e quello di Mercogliano. Dopo poco si ritenne che quei luoghi fossero poco sicuri e i dipinti vennero depositati nell'Abbazia di Montecassino dalle truppe tedesche della divisione Goering. Il successivo spostamento fu a Spoleto, perché Montecassino era sulla linea del fuoco. Ma le vere intenzioni dei tedeschi erano quelle di portare le opere in Germania per creare un faraonico museo personale di Hitler. Così molti capolavori finirono a Berlino. La notizia però uscì sui giornali alleati e ci fu una parziale restituzione nel '43 a Roma. Mancavano però quindici dipinti dei musei napoletani. Erano rimasti, con molti altri, in Germania. In particolare la Danae era nella collezione privata di Goering».

Come è riuscita Napoli a riavere i suoi tesori? «Verso la fine del conflitto le opere furono spostate di nuovo, nella miniera di sale a Altaussee, presso Salisburgo. Quando furono vicini alla rovina i tedeschi volevano bruciarle per non lasciare niente al nemico. Così fu dato l'ordine di far saltare la miniera. Ma fortunatamente molti minatori e civili si opposero e anche alcuni soldati tedeschi compresero che danno sarebbe stato per l'umanità. Dunque fu fatto brillare solo l'accesso della miniera. Nel '45 l'area fu liberata e le opere salvate e portate a Monaco, da lì vennero restituite al governo italiano il 7 agosto 1947, grazie all'intervento di Siviero, capo dell'ufficio interministeriale per il recupero delle opere d'arte». Non tutti i capolavori ebbero però sorte favorevole: «Certo, tante cose sono andate disperse, molte trasportate in Usa, e questo è un capitolo ancora aperto». Il lato più inquietante della vicenda, probabilmente, resta l'attrazione dei nazisti più spietati per l'arte più pura. Un controsenso? «È vero, è così. Erano belve con un grande gusto per le cose belle. Ma c'è anche da sottolineare che derubare un popolo della sua cultura significa sottrargli le sue radici culturali». Le altre opere tornate a Napoli, che domani saranno oggetto di una visita guidata, sono di Colantonio, Filippino Lippi, Raffaello, Sebastiano del Piombo, Bernardino Luini, Palma il Vecchio, Parmigianino Antea, Pieter Brueghel, Battistello Caracciolo, Claude Lorrain, Gian Paolo Pannini.

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Mirella Armiero
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