Grandi manovre Pd, in vista delle Politiche Renzi potrebbe candidarsi anche a Napoli

diFranco Strippoli

Elezioni, prime indiscrezioni sulle candidature. L’ex premier correrà nella sua Firenze e a Milano. Al Sud, salvo ripensamenti, a Bari e nel capoluogo campano

Ai messaggini telefonici che lo interrogano sulle candidature al parlamento, Matteo Renzi sta rispondendo a tutti con il medesimo testo: «Per ora tutto prematuro, ne riparliamo dopo la legge di Bilancio». Ovvio. È indispensabile assicurarsi la lealtà dei parlamentari in carica, senza scontentare nessuno e senza rischiare defezioni e pasticci sulla manovra di fine anno. Solo dopo si potrà mettere in discussione i criteri per definire le candidature e mandarli all’approvazione nella direzione del partito ai primi di gennaio.

È così. Ma è anche vero però che alcune decisioni sono già prese e vanno solo formalizzate; in qualche caso affinate. Tra queste rientra la decisione di Renzi di avvalersi della possibilità di candidarsi in più circoscrizioni elettorali. Ha deciso di scegliere due città del Sud e due del Nord per correre nei rispettivi collegi plurinominali (le liste che concorrono alla suddivisione proporzionale dei voti). In primo luogo c’è la sua Firenze, la seconda città settentrionale è Milano. Nel Mezzogiorno la scelta ricadrà, salvo ripensamenti sempre possibili, su Bari e su Napoli. Una scelta, quella di candidarsi in più circoscrizioni, abbastanza consueta per i leader di partito. Renzi decide di scegliere alcune simboliche città italiane. Peraltro tutte - salvo Napoli - guidate da sindaci a lui vicini: Giuseppe Sala a Milano, Dario Nardella a Firenze, Antonio Decaro a Bari. Non così per Luigi De Magistris, ma Napoli è tuttavia una capitale del Mezzogiorno e Renzi non lo dimentica.

A proposito di regole. Sembra quasi certo che gli uscenti (deroghe solo per ministri ed altri esponenti di governo) saranno destinati a correre nei collegi uninominali, dove la sfida è più difficile. Con due ipotesi subordinate. La più severa prevede di obbligare tutti gli uscenti a correre nell’uninominale. La seconda, meno restrittiva, obbligherebbe solo i parlamentari che abbiano almeno due legislature alle spalle: toccherebbe a loro difendere l’onore del Pd e dimostrare di aver accumulato il consenso necessario per andare a Roma. Va aggiunto che, in caso di eventuale sconfitta, si tratterebbe pur sempre di figure che hanno già trascorso 10 anni in Parlamento.

Discorso diverso sui consiglieri regionali aspiranti parlamentari. Sono eletti (quasi sempre, dipende dalle norme diverse da Regione a Regione) in una lista e con le preferenze. Dunque campioni di consenso, a differenza dei parlamentari disabituati dalle liste bloccate a conquistare il voto. Si era pensato al loro largo impiego per tentare di sovvertire un risultato che si presagisce non particolarmente favorevole al Pd. Ma non sarà così. I consiglieri regionali saranno scelti caso per caso: nessun ingresso indiscriminato.

L’idea del segretario, poi, è di piazzare nelle liste del proporzionale i fedelissimi e molti esponenti della “società civile”: da queste posizioni deve sortire il nocciolo renziano del gruppo parlamentare. In Puglia si litigherà molto, perché Renzi deve fronteggiare la corrente che fa capo a Emiliano. L’ultimo ragionamento riguarda il tetto non superabile delle tre legislature: chi le ha maturate non sarà ricandidato. Ma ci sono situazioni in cui gli uscenti hanno accumulato i tre mandati ma senza compiere i 15 anni, visto che la terz’ultima legislatura è durata solo un biennio. Renzi è incline a considerare come compiute le tre legislature, indipendentemente dagli anni maturati. Sarà la direzione a decidere.

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15 dicembre 2017 2017 ( modifica il 15 dicembre 2017 2017 | 10:39)