L’agonia di una rivoluzione

diFrancesco Marone

Facciamo finta per un momento che la retorica rivoluzionaria di Luigi de Magistris sia una cosa seria. Un disegno rivoluzionario ha per definizione l’ambizione di cambiare tutto, di disegnare un nuovo modello di società. Alla fine di un processo rivoluzionario le relazioni economiche, politiche e civili dovrebbero essere profondamente diverse da quelle che erano. La struttura stessa della società dovrebbe essere radicalmente nuova e, auspicabilmente, migliore di quella che era. A Napoli, dopo sei anni di rivoluzione arancione quale modello di società è stato realizzato? Quale progresso civile si è realizzato? Quale prospettiva politica si è aperta? Sul piano sociale la situazione è drammatica. Anche i servizi minimi sono ormai da tempo azzerati: niente assistenza ai disabili, niente insegnanti di sostegno, niente refezione scolastica, niente trasporto pubblico, niente manutenzione delle strade, niente manutenzione del verde pubblico e via andare con un cahier de doléances che sono costretto a fermare solo per ragioni di spazio. Il disastro dei servizi sociali è così evidente e conclamato che la popolazione è del tutto assuefatta allo status quo, salvo qualche eroico focolaio di protesta che ancora resiste, e il sindaco e la sua giunta non tentano più nemmeno di difendersi, limitandosi solo a dire che non ci sono soldi. Ma saper programmare il bilancio fa parte della capacità di amministrare. Se non c’erano le condizioni per una gestione ordinaria, forse sarebbe stato più serio dichiarare il dissesto, come molti hanno suggerito, anziché proseguire in un’agonia che sembra senza fine.

Sul piano civile il quadro non è molto diverso. L’episodio che ha coinvolto Massimo D’Alema e Susanna Camusso, ai quali è stato impedito di parlare all’università, è solo l’ultimo di una lunga serie. Negli ultimi mesi è stato impedito di parlare a Salvini, contro la cui iniziativa alla Mostra d’Oltremare un sindaco senza senso del ruolo e delle istituzioni ha chiamato la folla alla rivolta per impedire che potesse tenere un comizio. È stato impedito di parlare al presidente della Regione Vincenzo De Luca, nel silenzio colpevole e complice del sindaco che era con lui sul palco. Prima ancora era stato impedito al presidente del Consiglio in carica di venire in città per iniziative politiche in nome di una campagna di derenzizzazione, lanciata dal sindaco, dal sapore tutt’altro che progressista e «di sinistra». In questo clima l’episodio di giovedì non deve meravigliare. È solo la conseguenza di un humus politico e culturale ostile a tutto e a tutti, coltivato e coccolato in modo dissennato, immaginando di trarne qualche vantaggio elettorale, che nemmeno ne è venuto.

Sul piano politico la situazione non è più confortante. Il sindaco ha isolato la città, attaccando il governo nazionale a ogni occasione, nell’illusione di esportare il suo modello rivoluzionario oltre i confini napoletani. Prima si è imbarcato sulla nave alla deriva di Ingroia, naufragando come era inevitabile. Poi, in una spirale di rilanci degna della più classica fallacia del giocatore, si è convinto che poteva essere lui stesso il nuovo Ingroia e ha fondato Dema, movimento politico sobriamente intitolato con le sue iniziali. Il partito dei fratelli de Magistris avrebbe dovuto, nelle intenzioni, presentarsi alle elezioni politiche per ambire al governo nazionale, ma si è fermato a qualche discreto risultato locale per poi sfaldarsi rapidamente nell’imbarazzato silenzio dei suoi fondatori. Sul piano amministrativo le cose non vanno meglio. Il sindaco controlla con difficoltà il suo gruppo consiliare, la cui parte più movimentista gli risponde sempre meno, e non sembra avere nessuna strategia per uscire dalla paralisi in cui si trova, tanto da far dubitare che possa arrivare a fine mandato.

Infine, anche le prospettive politiche individuali non sembrano rosee. De Magistris non potrà candidarsi per un terzo mandato, ammesso che riesca a finire il secondo, e non so se c’è un partito che abbia la voglia e la forza di farlo eleggere al Parlamento nazionale o a quello europeo, il che peraltro apparirebbe inevitabilmente come una fuga. Il problema ormai non è più la sorte dei de Magistris, che sembra segnata, ma il fatto che l’agonia politica della rivoluzione arancione e del suo leader sta trascinando con sé la città. L’irruzione antagonista al convegno di D’Alema e Camusso è solo l’ennesima spia di un disfacimento civile che rischia drammaticamente di seguire quello sociale ed economico già largamente consumatosi. Napoli è una città che già si è abbandonata ed è stata abbandonata dal resto del Paese sul piano economico; il prossimo passo, se non si fa presto a liberarsi dei liberatori, è che si inizi a scivolare anche sul piano della convivenza civile e democratica, divenendo così definitivamente un buco nero sulla cartina geografica dell’Italia.

La newsletter del Corriere del Mezzogiorno

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui.


Instagram

Siamo anche su Instagram, seguici https://www.instagram.com/corriere.mezzogiorno/

13 novembre 2017 2017 ( modifica il 13 novembre 2017 2017 | 07:53)