M5S in Tribunale chiede agli espulsi la «clausola di riservatezza»

diRoberto Russo

L’avvocato di Grillo ritiene indispensabile «segretare» l’accordo per la riammissione

L’accordo in tribunale con gli espulsi? Deve passare attraverso una clausola di riservatezza, affinché nulla di quanto stabilito, davanti al giudice civile Nicola Graziano, possa trapelare sui giornali. A porre la condizione, su mandato dei vertici del Movimento 5 Stelle, è stato l’altro giorno Andrea Ciannavei, l’avvocato che rappresenta Beppe Grillo. Si tratta di una prassi già adottata in altre occasioni simili e anche nel caso di ricorsi che riguardano gli iscritti di altri partiti.

Tuttavia la richiesta è stata formulata in aula martedì scorso, quando sembrava ormai quasi del tutto definita una possibile intesa tra i quindici ricorrenti rappresentati dall’avvocato Francesco Albero e i vertici del Movimento. Gli ultimi dettagli riguardavano il quantum delle spese legali. Ma l’inattesa, ulteriore richiesta da parte del legale del M5S ha spiazzato tutti. Circa le preoccupazioni per i giornalisti, il giudice Graziano ha ricordato alle parti che l’udienza e pubblica e quindi nessuno avrebbe potuto impedire una fuga di notizie. A quel punto, di fronte alla ulteriore richiesta del Movimento, il giudice ha deciso di rinviare la causa al 5 dicembre prossimo per le conclusioni. Il percorso dell’accordo si fa a questo punto parecchio accidentato. Infatti, se quindici ricorrenti sembravano disposti ad accettare il reintegro nel M5S e il ristoro delle spese legali, non è detto che vogliano accettare anche la clausola di riservatezza. Inoltre, ben più intransigente resta la posizione di un altro gruppo di otto espulsi, difesi dall’avvocato Lorenzo Borrè. Questi ultimi oltre a pretendere la riammissione nelle fila del Movimento, le scuse e il ristoro delle spese legali, vogliono soprattutto che venga modificato il cosiddetto «non statuto», cioé il regolamento adottato dai vertici grillini per decretare un anno fa la loro espulsione.

Va ricordato che sul punto si è già pronunciato nel luglio 2016 un collegio di tre giudici del tribunale civile di Napoli. Nella loro ordinanza hanno sancito che il «non statuto» andava modificato e che - come avviene per i partiti tradizionali - il Movimento 5 Stelle avrebbe dovuto farlo approvare dall’assemblea degli iscritti, l’unico organismo legittimato a dettare le regole per la democrazia interna. Ora il «caso Napoli» rischia nuovamente di diventare un precedente problematico per il movimento di Grillo e Casaleggio. Se la sentenza risultasse favorevole ai ricorrenti e venisse accertata anche dal giudice di merito l’illegittimità del metodo utilizzato per le espulsioni degli anni scorsi, si potrebbe aprire il vaso di Pandora della corsa in tribunale da parte di decine di espulsi in tutta Italia.

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30 novembre 2017 2017 ( modifica il 30 novembre 2017 2017 | 11:48)