Siani: «Non sarò il “salvatore” del Pd né un uomo di correnti»

diSimona Brandolini

Il pediatra: «Il partito è in un momento critico, ho accettato per Renzi»

Siani: «Non sarò il “salvatore” del Pd né un uomo di correnti»

La prima cosa da candidato in pectore? Si è sospeso dalla carica di presidente della Fondazione Polis, al suo posto il suo vice, don Tonino Palmese. La seconda: organizzare una cena con tutta la sua «famiglia» del Santobono: «Le infermiere sono arrabbiatissime», dice. La terza: dotarsi di una nuova email: paolosiani.candidatopd. «La verità è che non so proprio cosa sia e come si faccia una campagna elettorale». Medico (direttore di unità complessa del Santobono), un impegno civile e sociale indiscutibile al fianco delle vittime di camorra, ma soprattutto dei ragazzi. Paolo Siani è l’uomo del giorno per il Pd: «Ma non sono certo il salvatore del Pd», chiarisce subito.

Perché ha accettato la proposta di Matteo Renzi?

«Perché me l’ha chiesto Matteo Renzi e poi perché ho maturato, col tempo, la convinzione che in Parlamento possa fare qualcosa di più nel campo dei diritti dell’infanzia, per le vittime della criminalità organizzata, per la sanità. Non solo avrò la possibilità di avere una conoscenza approfondita dei fenomeni, ma potrò anche provare a cambiare le norme».

La prima che cambierebbe?

«Quella che riguarda il quarto grado di parentela per vedersi riconosciuto lo status di vittima di camorra».

L’ultimo caso è quello di Gelsomina Verde.

«Penso proprio a lei. Quella è una norma giusta, figuriamoci se posso accettare che lo Stato dia soldi a un camorrista. Ma va o modificata o interpretata di volta in volta».

Lei ha detto: accetto di candidarmi col Pd, ma da indipendente. Paura di finire nel tritacarne delle correnti dem?

«Paura no, ma non mi interessa proprio. Tant’è che ho anche annunciato che dopo un anno farò un punto se eletto. Se dovessi capire che il mio lavoro è inutile mi dimetterei subito».

C’è chi più semplicemente cambia casacca.

«Non certo io. Torno al mio lavoro: sono un medico».

Con Raffaele Cantone, lei è stato il professionista più corteggiato dalla politica. Per il Pd napoletano doveva essere il candidato a sindaco.

«Ma non da ora. Da tempo immemorabile sono stato invitato a fare politica. Negli anni ’90 per esempio. Ma ho sempre detto no».

Perché?

«Perchè non ho mai voluto fare una cosa sfruttando la morte di Giancarlo. Mi chiamavano per quello».

Cosa è cambiato?

«Stavolta sono stato chiamato per le cose che faccio io».

Perciò Renzi l’ha convinta?

«Sì. Gli ho raccontato cosa penso, la mia attività, mi è sembrato colpito e in maniera sincera. Detto questo il mio è stato un sì tribolato. Perché voglio essere indipendente, in tutti i sensi, e soprattutto voglio essere votato dai miei concittadini. Su tutto questo Renzi era d’accordo. E mi ha detto: penso che rimarrai in Parlamento, perché da Roma potrai fare di più».

Certo che si candida nel momento peggiore per Renzi, per il Pd e con una legge elettorale rischiosa.

«Meglio. Non mi piace salire sul carro dei vincitori».

Politicamente come si definirebbe?

«Un uomo di sinistra».

Ha sempre votato Pd?

«Sì».

E cosa pensa del partito napoletano?

«È un momento critico del Pd a Napoli, del resto altrimenti perché chiamarmi? Non faccio il politico di professione, se posso essere d’aiuto sono contento. Ma evitatemi di inserirmi in qualche corrente».

Si candiderà al Vomero?

«Lo spero e se non vinco non è una sconfitta».

La sua famiglia ha condiviso la scelta?

«Diciamo che non c’è stata la resistenza del passato, potrei parlare di un progressivo convincimento. Stamattina un incoraggiamento».

Cosa porta nel Pd?
«Spero uno stile diverso. Non urlo, non sono contro, ma per le cose».

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12 gennaio 2018 2018 ( modifica il 12 gennaio 2018 2018 | 15:27)