Mafia, blitz a Palermo: 27 arresti. I boss “eletti” nel ristorante

diChiara Marasca

Le intercettazioni del Ros documentano un summit per procedere alla designazione della cariche nella cosca di Santa Maria del Gesù: il voto per alzata di mano

Elezioni in piena regola, con voto per alzata di mano. È così che la cosca di Santa Maria di Gesù, a Palermo, sceglieva i suoi nuovi capi. Con una riunione in un ristorante, nel 2015. È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta che oggi è sfociata nel blitz antimafia dei carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Palermo: 27 gli arresti eseguiti nei confronti di altrettanti presunti affiliati. Nelle misure cautelari, emesse dalla procura distrettuale antimafia di Palermo, si ipotizzano i reati di associazione mafiosa, estorsione, esercizio abusivo di attività di gioco e scommessa, traffico di stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori. L’indagine ha consentito di accertare il processo di riorganizzazione interna della «famiglia» e la sua «pervasiva capacità di infiltrazione del tessuto economico locale», ricostruendo l’organigramma degli associati e individuando i capi attuali.

Non si scherza sulla mafia

«Quando parliamo di cosa nostra... parliamo di cosa nostra! Quando dobbiamo babbiare... babbiamo (scherziamo ndr)!», dicono Salvatore Profeta e Giuseppe Natale Gambino intercettati dagli investigatori.

Le “elezioni” all’interno di un ristorante

La riunione convocata per nominare i nuovi vertici la fecero in un ristorante. A cena venne deciso che il capo della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù sarebbe stato Giuseppe Greco. Al summit hanno partecipato almeno 12 uomini d’onore, Giuseppe Greco è stato confermato reggente mentre Natale Giuseppe Gambino e Gaetano Messina rispettivamente sottocapo e consigliere. La carica di capodecina venne data a Francesco Pedalino e Mario Taormina. Antonino Profeta, pur in assenza di un incarico formale, fu presentato come rappresentante di Greco, mentre il vecchio boss Salvatore Profeta avrebbe scelto di non concorrere per alcun ruolo sia per l’età avanzata che per non sottrarre posti agli altri. Il reggente, nel gergo mafioso, è definito «il principale». La documentazione dell’elezione del vertice di un clan è un inedito investigativo, in quanto questo genere di designazione era emersa solo nei racconti dei primi collaboratori di giustizia, negli anni ‘80. Le procedure di elezione, inoltre, secondo quanto emerge sono precedute da una sorta di propaganda elettorale a favore dei candidati, anche se in realtà, nel caso documentato dal Ros, non vi sarebbe stato un vero e proprio antagonista alla figura di Giuseppe Greco che, in funzione della carica di reggente già assunta, avrebbe ottenuto da subito il consenso degli affiliati più autorevoli, tra i quali lo stesso Salvatore Profeta, lontano parente del falso pentito Vincenzo Scarantino. Sarebbe stata anche la parentela con Scarantino, oltre che l’età avanzata, a indurre Profeta a fare un passo indietro in favore di Greco.

Il voto per alzata di mano

Il voto si è svolto «ad alzata di mano... per vedere l’amico», si legge in una delle intercettazioni, quindi a scrutinio palese. La votazione avverrebbe però solo per i ruoli apicali, mentre le nomine per i posti di sottocapo e capodecina sarebbero riservate allo stesso «principale». Il capo inoltre designa i collaboratori stretti senza passare per il voto. Un esempio è la nomina di Antonino Profeta a un incarico fiduciario al di fuori delle funzioni tradizionali ed alle dirette dipendenze del vertice che l’avrebbe autorizzato ad eludere le rigide regole della gerarchia mafiosa e l’obbligo di informazione dei quadri immediatamente superiori. Nella riunione convocata per nominare i nuovi vertici della «famiglia» mafiosa di Santa Maria di Gesù, a Palermo fu deciso anche l’omicidio di Mirko Sciacchitano, avvenuto il 3 ottobre del 2015.

La confessione “in diretta”

Dall’inchiesta emerge anche una “confessione in diretta” dei boss responsabili della distruzione di una pizzeria alla Vucciria. I carabinieri li hanno intercettati mentre guardavan un video postato in rete che li ritraeva durante il raid al locale. Gli indagati commentavano, non sapendo di essere ascoltati e non pensando che gli inquirenti sarebbero risaliti a loro. La rissa avvenne davanti al locale «Voglia di Pizza» ai Chiavettieri, nel 2015 e le scene vennero riprese da un passante e messe su youtube. Nelle immagini si vedono alcuni giovani che con sedie calci, pugni e perfino un machete distruggono la vetrina. «U Nino’ si vede... guarda», dice uno dei partecipanti rivedendosi.

21 novembre 2017 2017 ( modifica il 22 novembre 2017 2017 | 07:21)