Mezzogiorno, 11 gennaio 2018 - 17:56

Trattativa Stato-mafia, pm Di Matteo: Scalfaro ha detto il falso

Requisitoria a Palermo; il magistrato cita alcuni avvicendamenti al Viminale e al Dap

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«Dopo la strage di Capaci, anche sull’onda emotiva dell’attentato, viene eletto presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che, come vedremo, con le sue scelte, non si è limitato al ruolo di arbitro. Anzi, è stato il principale attore di decisioni di cui in questo processo abbiamo parlato: la nomina di Mancino al posto di Scotti al Viminale, la scelta del nuovo direttore del Dap e di Conso al ministero della Giustizia al posto di Claudio Martelli. Il ruolo di Scalfaro nell’avvicendamento tra Scotti e Mancino alla guida del ministero dell’Interno ha fatto emergere evidenti reticenze e falsità nelle dichiarazioni rese dal presidente Scalfaro a questa Procura nel 2010». È il pesante giudizio del pm Nino Di Matteo sull’ex capo dello Stato espresso nel corso della requisitoria del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.

Di Matteo a dimostrazione della falsità delle dichiarazioni di Scalfaro, che sostenne di non aver saputo nulla di eventuali connessioni tra le stragi mafiose del ‘92 e del ‘93 e la decisione politica di allentare i rigori del 41 bis, cita la deposizione al processo di un altro ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Napolitano dichiarò che «dopo gli attentati del 1993 le più alte cariche dello Stato propendevano per la tesi che quelle bombe corrispondessero a un ricatto dell’ala corleonese di Cosa nostra».

Per la Procura per portare avanti la linea del dialogo con chi aveva messo le bombe era necessario spostare l’asse politico verso la corrente della sinistra democristiana a cui apparteneva il ministro Mancino. «Per fare questo era necessario - ha aggiunto Di Matteo - spezzare l’asse della fermezza portato avanti dall’azione congiunta dei ministri dell’Interno e della Giustizia, Scotti e Martelli. Di fronte all’intrapresa linea del dialogo chi sosteneva la linea del dialogo non poteva sopportare la presenza di Vincenzo Scotti, principale fautore della linea di fermezza nel contrasto a Cosa nostra, al vertice dell’Ordine pubblico». (fonte Ansa)

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