Veneto, 20 ottobre 2017 - 08:18

Autonomia, referendum in Veneto Alta tensione, minacce e boicottaggi

Dopo il Pd, si spacca il M5s. Maroni e la polemica sui costi per la sicurezza: sapevamo di doverli pagare noi

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VENEZIA Il Pd contro i sindaci della Lega. La Lega contro gli attivisti pro-astensione (e contro Sky). I Cinque stelle contro i Cinque stelle. A due giorni dal voto, si alza la tensione della campagna referendaria, in un florilegio di iniziative, come la moltiplicazione degli sconti nei «negozi autonomisti», ma anche di polemiche. A cominciare da quella accesa dal governatore Luca Zaia sul conto recapitato in Regione dal ministero dell’Interno, 2 milioni di euro che Palazzo Balbi dovrebbe sborsare (e sborserà) per il mantenimento dell’ordine pubblico durante le operazioni di voto. «Accogliamo con un sorriso gandhiano l’ennesimo colpo basso di Roma» ha detto mercoledì Zaia, ma a chi - come la prefettura di Venezia - nello stesso giorno faceva notare che l’onere a carico della Regione era già previsto nella convenzione stipulata ad agosto, si sono aggiunti il governatore della Lombardia Roberto Maroni e l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi. «Ci hanno chiesto 3,5 milioni per la sicurezza ai seggi - ha detto il primo - ma non è una sorpresa, sapevamo che tutti gli oneri erano a carico delle Regioni». E l’ex delfino Tosi ha rincarato: «È da 40 anni che è previsto che le spese di organizzazione delle elezioni o dei referendum facciano capo a chi ha indetto la consultazione. La materia è disciplinata dalle legge 136 del 1976». E Graziano Azzalin del Pd è lesto a buttarsi nella mischia: «Maroni sbugiarda Zaia. Nessun complotto contro il Veneto né attacco alla democrazia, solo un’altra bufala servita dal governatore che teme di non avere il plebiscito personale a cui aspira in maniera smodata».

I governatori di Lombardia e Veneto Roberto Maroni e Luca Zaia (archivio)
I governatori di Lombardia e Veneto Roberto Maroni e Luca Zaia (archivio)

Lo scontro

Lo scontro tra i partiti e i comitati è continuo, con buona pace di chi sperava che quello di domenica fosse il referendum «dei veneti», all’insegna dell’unità. L’ex sindaco di Treviso - e icona della Lega - Giancarlo Gentilini lancia il suo anatema: «Verrà giorno in cui calerà la iattura su chi voterà No o si asterrà, è parola del sindaco-Sceriffo Gentilini!» e il video gira di cellulare in cellulare, strappando un sorriso. Non sorride affatto, però, la dem Alessandra Moretti che attacca duramente i sindaci di San Giorgio in Bosco Renato Miatello, di Campo San Martino Paolo Tonin e di Pozzoleone Giada Scuccato (tutti leghisti) che nei giorni scorsi hanno minacciato di non ricevere i cittadini che non saranno in grado di provare di aver votato al referendum: «Sono minacce di stampo fascista inaccettabili in democrazia - accusa Moretti - chi viene eletto è sindaco di tutti, non solo di una parte».

Le televisioni

Certo gli alfieri del Carroccio in queste ore sono sul piede di guerra: contro l’emittente satellitare Sky, accusata da Gian Marco Centinaio, capogruppo al Senato, e Jonny Crosio, capogruppo in Commissione Vigilanza Rai, di fare una «vergognosa propaganda anti referendaria, sponsorizzando l’astensione in maniera faziosa, senza alcun rispetto per la verità» (segue appello a veneti e lombardi a disdire gli abbonamenti); e contro gli attivisti pro-astensione, come riferisce il presidente del comitato «Veneti per l’astensione» Stefano Poggi: «La campagna referendaria ha ormai assunto aspetti inquietanti, tra minacce e intimidazioni come quelle subite da un nostro attivista a Dueville, nel Vicentino. Non è accettabile questo tentativo di metterci il bavaglio, non hanno diritto di parola soltanto i partiti schierati per il Sì».

Le fronde interne

Partiti contro, dunque, ma anche militanti contro nello stesso partito. Accade nel Pd, e già si sapeva, ma ora anche nel Movimento Cinque Stelle dove un gruppo di iscritti guidato dalla deputata Silvia Benedetti, contravvenendo all’indicazione data dai dirigenti regionali e nazionali, si schiera per l’astensione: «Non è una vigliaccata, come detto da alcuni nostri consiglieri regionali, ma una scelta legittima. Il risultato di questo referendum si poteva ottenere mandando una Pec al governo, non era necessario spendere 14 milioni di euro».

La Polizia

Infine, una polemica sollevata dal sindacato di polizia Siulp a Verona e di lì poi estesasi a tutto il Veneto: gli agenti che prestano servizio lontano dal Comune di residenza potranno votare al referendum ma solo dopo aver compilato apposito modulo presso il Comune in cui si trovano. «Ma in questo modo viene violato il diritto alla privacy degli agenti e compresso quello di voto - avverte il Siulp - perché l’amministrazione sarà in grado di sapere chi di noi si è recato al seggio e chi no».

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