Veneto, 27 ottobre 2017 - 07:54

Guerra sul Mose, Mantovani blocca i cantieri

Decreto ingiuntivo da 20 milioni al Consorzio. La replica: pagamenti in ritardo per le gestioni del passato

shadow

Le paratoie del Mose
Le paratoie del Mose

VENEZIA Prima una diffida, inviata un paio di settimane fa, per chiedere il pagamento di almeno metà del credito contestato di 40 milioni. Poi, di fronte alla mancata risposta entro gli 8 giorni indicati, e anche qualcuno di più, la dichiarazione di guerra è stata firmata. La Mantovani, il colosso padovano delle costruzioni che è anche il principale socio del Consorzio Venezia Nuova, ha presentato al tribunale di Venezia una richiesta di decreto ingiuntivo da 20 milioni di euro, che ora dovrà essere valutata dal giudice. In mezzo, giusto per dire del livello di tensione a cui siano arrivati i rapporti tra le due parti, l’azienda ha scritto una lettera ai commissari Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola e al provveditore alle opere pubbliche Roberto Linetti, preannunciando lo stop dei propri cantieri, fino a quando questi soldi non saranno pagati.

La guerra

E’ da mesi che tra Mantovani e commissari volano gli stracci. Dopo le tante tensioni del passato, a metà giugno l’azienda aveva denunciato pubblicamente che il sesto atto aggiuntivo della convenzione sul Mose – firmata tra i commissari del Cvn e il Provveditorato – mettendo più opere a gara, le avrebbe tolto ben 163 milioni di euro di lavori, aggravando una crisi già pesante, dovuta alla difficoltà di conquistare nuovi appalti. «La revoca dei lavori mette in discussione anche l’intero piano industriale per il rilancio dell’azienda», aveva spiegato uno degli amministratori delegati, Maurizio Boschiero. Ne era nato un ricorso al Tar, che si era aggiunto alla causa già pendente (condivisa dagli altri «big» del Cvn, Condotte e Grandi Lavori Fincosit) sul bilancio dell’anno scorso, quello che aveva imposto alle imprese di ripianare i 28 milioni pagati al fisco per le false fatture scoperte nell’inchiesta. Peraltro proprio in questi giorni la Corte dei Conti ha approvato quell’atto aggiuntivo, che dunque è diventato ufficiale.

Botta e risposta a colpi di avvocati

Ora tra le due parti tornano a parlarsi gli avvocati, anche se bisognerà attendere la decisione del giudice, che di solito arriva in tempi rapidi, non appena valutata la veridicità dei titoli. E Mantovani ha in mano i cosiddetti «stati di avanzamento lavori», che confermano l’avanzamento dei cantieri. Il problema, infatti, è finanziario. Il Consorzio non ha mai negato i lavori ma anche in questi giorni, in alcuni contatti tra le parti dopo la decisione di chiedere il decreto ingiuntivo e bloccare i cantieri, ha ribadito le difficoltà nei pagamenti. Difficoltà che però, e su questo i commissari non fanno un passo indietro, derivano dai conti «allegri» del passato: oltre ai 28 milioni al Fisco, Fiengo e Ossola hanno scoperto che il Cvn negli anni di presidenza di Giovanni Mazzacurati, aveva accantonato solo in parte il denaro per far fronte alla maxi-rata del finanziamento della Banca europea degli investimenti e dunque lo scorso anno su circa 310 milioni ricevuti dal Provveditorato, ben 267 sono stati versati in Lussemburgo, lasciando le briciole alle imprese consorziate. Si sta poi lavorando insieme a Linetti per poter sbloccare risorse ingenti che il Provveditorato ha, ma che non può spendere: 70 milioni di residui degli anni scorsi, che si erano incagliati nella burocrazia, 50 milioni come prima tranche degli ultimi 221 appena stanziati dal governo. Ci sono poi, come hanno scritto i commissari al ministero, altri 452 milioni di euro che lo Stato ha risparmiato per l’abbassamento dei tassi d’interesse e che potranno servire per i tre anni previsti per avviamento e collaudo delle dighe.

Un debito di 40 milioni

La tesi dei commissari è che, di fatto, Cvn e imprese sono sulla stessa barca: quando arriveranno i soldi, scatteranno i pagamenti – hanno tranquillizzato i primi – chiedendo di evitare di buttare via decine di migliaia di euro tra avvocati e bolli giudiziari. Mantovani lamenta però lavori non pagati per circa 40 milioni e più volte aveva minacciato di sospendere i lavori, ma ora l’ha comunicato in via ufficiale. Man mano gli operai abbandoneranno i cantieri, dopo averli messi in sicurezza, e resterà esclusivamente una piccola pattuglia per tenerli sotto controllo. Proprio ieri, tra l’altro, l’azienda si è confrontata con i sindacati nel tavolo aperto al ministero del Lavoro. L’azienda aveva ottenuto lo scorso anno la cassa integrazione per 360 operai, ma anche a causa del taglio dei cantieri si è vista costretta a dichiarare 102 esuberi. La scadenza è stata mercoledì, l’altro ieri, ma il tavolo è stato rinviato al 3 novembre. Mantovani ha chiesto la proroga della cassa integrazione per altri nove mesi, minacciando però che nel caso in cui l’accordo salti c’è il rischio che gli esuberi raddoppino.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA