3 aprile 2018 - 08:07

Uccide la moglie e poi si taglia la gola.
La scritta con il sangue: «Scusami»

Vicenza, il folle gesto di un ex soldato Usa. Al prete aveva confessato: prima o poi mi ammazzo

di Benedetta Centin

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POZZOLEONE (VICENZA) Lo aveva detto al prete della base americana, in preda alla depressione che lo attanagliava da qualche tempo: «Prima o poi mi ammazzo». E Bradley Joel Kinser, ex militare Usa, 44 anni da compiere a luglio, lo ha fatto davvero. Ma prima ha ammazzato la moglie Leila Gakhirovan, casalinga di origini russe. Probabilmente il giorno di Pasqua l’ha soffocata nel sonno, in camera da letto, sulla cui porta ha poi scritto il suo ultimo messaggio con il suo sangue. «I’m sorry», seguito dal simbolo del cuore e la parola «you». Le stesse scuse trovate poi dai carabinieri in un post-it.

Leila Gakhirovan Kinser e Joel Bradley Kinser
Leila Gakhirovan Kinser e Joel Bradley Kinser

Solo allora, forse a distanza di minuti, forse di ore, l’americano, al lavoro nella base Ederle di Vicenza come consulente alle dipendenze di una ditta esterna, si è ammazzato. Ferendosi più volte con un coltello da cucina di circa quindici centimetri, in più parti del corpo, al braccio e al collo, girando per le stanze di casa, lasciando la scia del suo passaggio. Il taglio fatale alla giugulare, una volta in bagno, dove è stato trovato accasciato in un lago di sangue. Accanto al suo cadavere l’arma usata. Nella bella e recente villetta presa in affitto dalla coppia di statunitense a Pozzoleone, tra strade di campagna e verde a tratti ancora incontaminato, lunedì pomeriggio i balconi erano chiusi, le porte e i cancelli sbarrati. I telefoni muti. Per troppo tempo. Un silenzio prolungato che ha angosciato il prete del comando Usa, il quale in questo periodo stava particolarmente vicino al 44enne, appunto perché depresso. E proprio il sacerdote ha dato l’allarme.

Erano le 16 quando military police, carabinieri della Setaf, poi raggiunti dai colleghi della compagnia di Thiene e del Nucleo investigativo di Vicenza, sono arrivati davanti alla villetta, in un complesso residenziale occupato per lo più da americani. Al campanello non rispondeva nessuno, e nemmeno al telefono, che però gli investigatori hanno sentito suonare da dentro la casa. Di qui la decisione di sfondare la porta. La scena del crimine al piano di sopra. Lì c’erano i due cadaveri. In stanze diverse. La donna era in camera, supina sul letto, e non c’erano segni evidenti di violenza. Secondo i primi accertamenti del medico del Suem chiamato sul posto doveva essere morta 24 ore prima, strangolata o più probabilmente soffocata. Forse con una mano sulla bocca.

Lunedì il magistrato ha effettuato un lungo sopralluogo nella villetta, insieme agli investigatori del Nucleo investigativo. Di certo l’ex militare originario di Boston ha vagato per la casa. Si è armato di un coltellaccio da cucina e lo ha usato contro di sè: sul corpo c’erano infatti diversi tagli. Solo quando, in bagno, ha affondato la lama all’altezza del collo, è riuscito nel tragico intento. Una fine drammatica in cui il 44enne ha voluto trascinare anche lei, la donna che diceva di amare, arrogandosi il diritto di decidere anche della sua vita. Senza darle possibilità di reagire, lei minuta, lui massiccio.

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