5 aprile 2018 - 10:32

Educatrice chiama l’esorcista per una bimba, licenziata dalla casa-famiglia

Caso controverso all’Opera Santa Maria della Carità della diocesi di Venezia. La piccola era rimasta sconvolta dopo un gioco che simulava una seduta spiritica

di Monica Zicchiero

shadow

MESTRE Un’educatrice terrorizzata da un gioco spiritico tra ragazzi. Anzi, un’intera équipe che ha i nervi tesi davanti a porte che sbattono, crocifissi che cadono e strane presenze e decide che è meglio rivolgersi a un prete esorcista. Difficile dire cosa sia accaduto davvero nella comunità per minori di Villa Elena a Mestre, struttura dell’Opera Santa Maria della Carità, se si siano davvero verificati fenomeni di poltergeist che hanno allarmato educatori e ragazzini o se una qualificata operatrice si sia fatta prendere dal panico. Sarà compito arduo del giudice del lavoro di Venezia capire cosa è successo, perché le uniche certezze sono i fatti che hanno dato inizio alla storia e che l’hanno chiusa. L’inizio: a metà dicembre, una dodicenne ospite di una comunità per minori torna da scuola e racconta che in classe aveva partecipato con degli amici al gioco spiritico «Charlie Charlie Challenge», una specie di seduta con un foglio di carta e due matite: i lapis si muovono, la piccola si spaventa. L’epilogo: a gennaio l’educatrice che la segue, C.R., viene licenziata dall’Opera per essersi rivolta a un esorcista senza aver condiviso la decisione, per aver regalato santini di San Benedetto ai ragazzini ospiti, usato croci e acqua santa per scacciare il maligno.

Il licenziamento

«L’Opera ha deciso di procedere alla sanzione del licenziamento per giusta causa — spiega il presidente Gianfranco Fiorin, diacono —. La contestazione non riguarda in alcun modo elementi legati al Catechismo e alla dottrina della fede cattolica ma, piuttosto, le specifiche modalità dell’intervento educativo messo in atto in quel contesto delicato». Insomma, in ballo non ci sono le convinzioni sull’esistenza di spiriti malvagi ma le modalità educative: i ragazzi vanno rassicurati con spiegazioni razionali, non spaventati con preghiere e rituali contro il diavolo. «Ma se è tutto così scientifico, allora perché non posso fare Charlie Charlie», chiede a un certo punto la piccola alla psicoterapeuta. Ed è in questo paradosso che si svolge la storia solo incidentalmente divenuta una causa di lavoro.

L’educatrice

C. è una giovane donna bionda e rassicurante, viso d’angelo, tre lauree e due qualifiche, criminologa e assistente sociale. I ragazzini della comunità ancora la chiamano per avere sue notizie. Per la Fondazione la donna ha seminato il panico nella comunità, col suo terrore che i giochi aprissero la porta sull’abisso del male, tormentata dall’idea che la ragazzina potesse essere posseduta, che si inginocchiava per pregare scandendo: «Vai via demonio, sono la serva del signore». E poi aspergeva con acqua santa, sussultava ogni volta che succedeva qualcosa di strano: la porta dell’armadio che si spalanca sotto la spinta del piumone, il crocifisso che cade perché il chiodo per la centesima volta non ha retto, l’oblò della lavatrice che si apre. Un clima da cardiopalma creato da lei, che contesta pure alla direzione di un ente della Curia di non credere al demonio. «Guardi che sono stati tutti gli educatori a notare strani fenomeni e loro hanno avvisato mia figlia», contesta G. R., padre dell’educatrice e avvocato, il quale ha impugnato il licenziamento con una serie di controdeduzioni che raccontano tutt’altra storia. «La ragazzina era agitata, quella sera, dopo il gioco. Mia figlia non c’era. Un operatore le chiede spiegazioni, la piccola racconta di Charlie poi si chiude in bagno e non esce più. Lui la raggiunge e lei con voce alterata e assente gli risponde: noi non ti abbiamo chiamato. Una collega un’altra volta chiama mia figlia di notte, perché le porte si aprono da sole, perché si sente toccare. L’équipe intera si riunisce e decide di consultare un esorcista». Un’iniziativa presa da C, in solitaria, dice invece la Fondazione, spiegando di essere stata costretta a licenziarla perché aveva fatto del male alla minore e aveva avuto un atteggiamento poco professionale. «Non è questa la religione», il verdetto. «I verbali degli altri colleghi sulla vicenda ci sono stati negati», rintuzza G.R. Sarà una causa di lavoro singolare: porterà in aula sedute spiritiche, fenomeni di poltergeist, acqua santa e crocifissi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA