12 gennaio 2018 - 10:32

Treviso, in vendita la pizzeria del «personale 100% italiano»

Mogliano, la crisi dopo il clamore. Il titolare getta la spugna: «Spariti tanti clienti. Salvini e Calderoli? Mai venuti»

di Nicola Zanetti

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MOGLIANO (Treviso) «In quei giorni persino una mia cognata americana chiamò al telefono per dirmi di essersi sentita offesa dal cartello. Dagli Stati Uniti, capisce? La storia era arrivata fin lì. E più di qualcuno mi tolse il saluto e non si fece più vedere nel ristorante. Il ciclone ha pesato, credo, e non poco. Eppure rifarei tutto, perché non sono mai stato un razzista». Giorgio Nardin quella scritta dev’essersela sognata più di una volta dalla scorsa estate, quando scoppiò la bufera. «Personale 100 % italiano», tricolore d’ordinanza, una sorta di manifesto programmatico affisso sulla vetrina della trattoria-pizzeria «Ai Veneziani», in pieno centro città. Ora il cartello non c’è più, e fra poco non ci sarà nemmeno lui, ai fornelli o ai tavoli. Stanchezza dopo tanti anni di lavoro, ma anche la crisi. Forse amplificata da quelle parole.

La decisione

Nardin ha messo in vendita il locale: un luogo rimbalzato nel giugno dell’anno scorso su tutti i media nazionali e non. Perché nel momento in cui diventava bollente il tema politico sullo Ius Soli, quelle parole sembravano dire in modo inequivocabile: «Si assumono esclusivamente italiani». Niente di più sbagliato, secondo il 65enne ristoratore, che dice di aver semplicemente difeso il Made in Italy in cucina. Ma la tempesta era innescata: dall’amministrazione comunale a un nutrito gruppo di cittadini, a salire fino a esponenti di centrosinistra in tutta la penisola, arrivarono attacchi, critiche, ed inviti a togliere il cartello. Pure qualche telefonata anonima di minacce. «Certo, non nego sia arrivata anche molta solidarietà, inizialmente – racconta - tanti moglianesi mi dicevano: vai avanti». Pacche sulle spalle di un certo peso dal Carroccio: nei giorni caldi della polemica Matteo Salvini e Roberto Calderoli non mancarono di difenderlo e di promettere un passaggio in trattoria.

Calderoli e Salvini? Mai visti

«Invece – ricorda – a parte le telefonate, nulla. Mi sarei aspettato almeno un bicchiere di vino insieme». E quando il clamore è sceso, sono giunti i problemi. «Gente che mi toglieva il saluto, alcuni clienti spariti. Vendo perché dopo 50 anni di ristorazione c’è voglia di fermarsi, ma certo la crisi si è sentita. La ripresa? Io non l’ho vista». Eppure a fargli più male è stata l’accusa di razzismo. «Proprio io, per due volte premiato come pizzaiolo più buono d’Italia per iniziative di solidarietà, come la raccolta fondi per i bambini in Etiopia, Burkina Faso e Cambogia. Volevo solo ribadire l’importanza della conoscenza della tradizione culinaria non solo nei prodotti, ma anche in chi il cibo doveva cucinarlo e servirlo». Paradosso finale, in questi giorni a pulire il locale c’è una dipendente romena. «Ma ho avuto pure pizzaioli stranieri. Per questo ho tolto il cartello, non avrebbe avuto senso».

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