2 gennaio 2018 - 17:17

Brunetta: «Il centrodestra riscriverà la Costituzione per una vera autonomia»

Il capogruppo Fi: lavoro complesso, non basterà una legislatura

di Marco Bonet

shadow

«Il centrodestra vincerà le elezioni. Lo dicono tutti i sondaggi: uniti siamo tra il 37 e il 40%; il Movimento Cinque Stelle è staccato al 26-28%; quel che resta del Pd di Renzi sprofonda al 23-25%; il partito di Grasso è attorno al 7% ma potrebbe salire al 10%. La partita, dunque, si gioca tra noi e i Cinque Stelle. E i numeri possono solo migliorare. In Veneto, dove per ragioni storiche Grillo non ha mai sfondato e il centrosinistra arranca, saliremo oltre il 50%. La prospettiva è quella di un en plein, c’è la reale possibilità di vincere tutti i collegi uninominali. Il Veneto sarà una delle Regioni trainanti per la vittoria, con tutte le responsabilità, anche di governo, che questo comporterà. In primavera gli uomini e le donne del centrodestra veneto saranno chiamati a ruoli importanti alla guida del Paese».

Renato Brunetta (archivio)
Renato Brunetta (archivio)

Presidente ci faccia qualche nome. A parte il suo, ovviamente. «(Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, sorride). Per carità no, si sa che chi entra Papa poi esce cardinale».

Ne facciamo uno noi: Luigi Brugnaro. Il sindaco di Venezia potrebbe essere chiamato a più alti compiti a Roma? «Brugnaro è il più bravo sindaco d’Italia, ha risanato le finanze del Comune e riportato la città al centro della vita politica, culturale ed economica. L’ho già ricandidato al prossimo giro: ciascuno faccia il suo mestiere, specie se lo sa fare bene».

Lei esclude una futura alleanza tra Forza Italia e Pd nel nome della «responsabilità»? «Basta con queste stupidaggini, non ci saranno trucchi, inganni o inciuci. Il centrodestra è incompatibile con Renzi, e d’altronde come potremmo allearci con chi ha distrutto il Paese negli ultimi 6 anni?, e ancor di più con i Cinque Stelle. Insieme alla Lega governiamo Veneto, Lombardia, Liguria, centinaia di città: stiamo tornando ad essere la forza politica egemone della Seconda Repubblica».

Eppure le diffidenze col Carroccio restano. «Sono tatticismi, manovre di posizionamento che da sempre ci accompagnano. Ci siamo scordati che accadeva ai tempi di Bossi? Fanno parte della “ricchezza di linguaggio” del centrodestra. Ancora qualche giorno, poi si saranno definiti il programma e le candidature e tutto sarà sistemato. Ho avuto una telefonata bellissima con gli amici della Lega».

Alle amministrative quindi andrete uniti dappertutto? «A Treviso e Vicenza, gli obiettivi principali, abbiamo già trovato un accordo equilibrato. In altri Comuni, penso a San Donà di Piave, per ragioni legate alla dirigenza locale sebbene sia ancora possibile qualche riflessione l’orientamento è di andare da soli al primo turno e uniti al secondo, facendo del primo turno una sorta di “primarie di coalizione”, come già accaduto in passato, quasi sempre per volontà della Lega».

Qual è lo stato di salute di Forza Italia in Veneto, dopo il tracollo post Galan? «Il coordinatore Adriano Paroli, insieme ai coordinatori provinciali, sta facendo un grande lavoro, abbiamo ricostruito e rilanciato il partito. Con una Lega fortissima, oggi siamo dati tra il 16 e il 20%».

Ex leghisti come Flavio Tosi, ex dem come Andrea Causin. Allargate le vostre fila e anche questo è visto dalla Lega come fumo negli occhi. «Quando la Lega “si allarga” in giro per l’Italia a noi non può che far piacere. Quando la Lega si è “allargata” in parlamento, coinvolgendo alcuni nostri deputati, non possiamo dire ci abbia fatto altrettanto piacere ma non abbiamo messo bastoni tra le ruote. Se “l’allargamento” viene fatto sulla base di valori e programmi è sempre una ricchezza. Penso al disfacimento del partito di Alfano: dopo una storia finita male, noi non possiamo che rallegrarci nel riaccogliere gli elettori che tornano a casa».

Se andrete al governo, come intendete gestire la delicata partita autonomista? «Si è aperta una fase nuova, abbiamo l’occasione straordinaria di realizzare una vera autonomia, senza egoismi in stile Catalogna, nel solco della Costituzione, un federalismo a “geometria variabile”. Meno Stato invadente al Nord, più Stato efficiente al Sud. Ispirati da quanto fatto in Veneto e Lombardia, un’iniziativa ben diversa da quella partitico-ideologica dell’Emilia Romagna, quando saremo al governo proporremo un referendum in tutte le Regioni per capire quali siano le aspettative dei cittadini, perché io credo, ad esempio, che sulla sanità i calabresi non la pensino esattamente come i veneti. Coinvolgendo anche le città metropolitane avvieremo un processo riformista che investirà anche le specialità, nell’ottica di un maggior equilibrio, e approderà infine ad una revisione costituzionale. Altro che i tavoli e i tavolini del governo di centrosinistra».

Significa che dopo le elezioni si azzererà tutto? «No. Auguro a Zaia di arrivare quanto più lontano possibile ma è evidente che a Camere sciolte l’orizzonte è breve. Quanto fatto di certo non verrà buttato via ma servirà una spinta ben diversa e un lavoro di implementazione, destinato come detto a culminare nella riscrittura della Costituzione, per cui non credo basterà una legislatura».

L’atteggiamento ultimativo di Zaia, dai 9/10 delle tasse alle 23 competenze, non rischia d’essere un problema per un governo di centrodestra, a cui il presidente ha già detto di non voler fare sconti? «Zaia è un amico, conosco le sue qualità umane e di amministratore, con lui faccio tutte le trattative e tutti gli accordi del mondo. Di lui deve aver paura il centrosinistra, non il centrodestra».

A lavori conclusi, che giudizio dà alla commissione banche? «La chiesi io e non l’ho mai cavalcata per fare propaganda. Nella relazione finale ci dovranno essere proposte puntuali per il futuro parlamento, con un solo obiettivo: fare giustizia nei confronti delle famiglie e delle imprese finite nel tritacarne delle banche. Se avrò responsabilità di governo mi impegno a dare risposte giuste e oneste, e mi riferisco al ristoro dei danni, a risparmiatori e investitori truffati».

Un’ultima domanda: nella legge di bilancio appena approvata è stato cancellato il contributo di 50 milioni alle scuole paritarie. Vescovi e famiglie sono furiosi. La partita è chiusa? «Parliamo della peggior legge di bilancio mai fatta, tutta mance, imbrogli e slealtà che si trasformeranno in un boomerang per chi si credeva il più furbo. Sulle paritarie è stato commesso un errore grave a cui rimedieremo con la manovra correttiva di primavera. Le risorse azzerate saranno ristabilite e, se possibile, aumentate».

© RIPRODUZIONE RISERVATA