1 marzo 2018 - 08:46

Fanpage, camorra e rifiuti in Veneto. Chi è Nunzio Perrella. «Quelli che ho denunciato continuano a fare soldi»

L’inchiesta del sito d’informazione ha puntato i riflettori sul faccendiere: dai traffici a Thiene ad agente provocatore

di Paolo Coltro

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Il suo volto mascherato da un passamontagna riempie il video. La sua voce napoletana è la colonna sonora della devastante inchiesta che il quotidiano online Fanpage pubblica puntata dopo puntata sul web. Tema: l’incessante traffico di rifiuti che il Belpaese tollera e favorisce. Ma il protagonista è lui, più che i rifiuti: Nunzio Perrella, definito ex boss della camorra, sicuramente ex collaboratore di giustizia. Torna, per la terza volta, a dire quel che ha sempre detto, ma questa volta con una telecamera nascosta, come per dire: «e adesso come fate a non credermi?». Gli stanno dicendo di tutto, in questi giorni: infiltrato, agente provocatore. Una posizione delicata e difficile: si tira tutte le critiche addosso e nel contempo rischia la pelle. Però, prima di Fanpage, Perrella ci aveva provato altre due volte. L’oggi è ancora caldo di notizie. Il 15 febbraio nella casa dove abita si presentano alle 7 di mattina quattro agenti dello Sco, il Servizio centrale operativo della polizia: perquisiscono tutto, si portano via computer, cellulari, borse e documenti, si portano via anche lui. Lo interrogano fino alle due in Questura. Sono gli stessi momenti della perquisizione nella redazione napoletana di Fanpage, ordinata dalla magistratura. Nel giro di ventiquattr’ore il nome di Perrella torna sui giornali, dopo ventisei anni.

Colletto bianco della camorra

La prima volta era stato all’indomani del 29 maggio 1992, quando lo arrestano a Thiene, con imputazioni per traffico di droga e di armi. A Thiene: ma com’era finito nell’industrioso Veneto un napoletano fratello del boss sanguinario Mario ‘o marittiello, quello che dettava legge nel rione Traiano? Nunzio, il fratello maggiore, è un camorrista diverso, un «colletto bianco». «Si fanno più soldi con il cervello che con la pistola», dice e fa. Mai sparato, mai ammazzato nessuno. Oddio, non disdegna i traffici di droga, magari piazza armi, traffica ovunque si possa trafficare, impianta una ditta di costruzioni edili. Ma soprattutto scopre il traffico dei rifiuti. Pian piano impara e ci si butta. Lui, che al Nord ha i subappalti per i suoi lavori edilizi, diventa uno dei protagonisti del grande trasferimento di veleni da Veneto, Piemonte, Lombardia fin nelle terre campane. Sa molto, se non tutto. Conosce i meccanismi, le persone, le aziende. È parte di una gigantesca storia di illegalità che pochi vogliono vedere.

Il pentimento

Quando si pente, e la racconta, i magistrati sgranano gli occhi. È la prima volta di Perrella, quella che poteva essere decisiva. Invece... «Mi sono fatto 21 anni agli arresti, e intanto quelli che avevo denunciato hanno continuato a lavorare e a fare miliardi» racconta il collaboratore di giustizia. Diciamo che s’incazza, Perrella. «Mi pento di essermi pentito», dirà. Uscito dal programma di protezione, vuole un nome nuovo per poter rifarsi una vita, e non glielo danno per complicate questioni giuridiche. E allora vuole tornare a racconta la sua verità. Vuole pubblicare un libro. Chi scrive l’ha ascoltato, a lungo, attanagliato da quella domanda: credergli o non credergli? E fino a dove credergli? Ma Perrella è stato l’innesco di una ricerca che, partendo dalle sue affermazioni, ha cercato verifiche e le ha trovate. Il libro a quattro mani è uscito, si chiama Oltre Gomorra. I rifiuti d’Italia (edito da Cento Autori) ed è la testimonianza che Perrella, prima di prestarsi all’inchiesta di Fanpage, aveva già detto chiaro come funzionano le cose nello smaltimento dei rifiuti.

Le presentazioni con sciarpa e occhiali scuri

Oggi come ieri, come sempre. Con gli stessi protagonisti, le aziende che cambiano nome ma non essenza, gli stessi passaggi che coinvolgono funzionari di enti pubblici e politici. Con i camorristi, certo, che tuttavia sono solo un anello di una catena che ne ha altri. Tutto questo, spesso con veemenza, è stato ripetuto per mezza Italia alle presentazioni del volume. Perrella nelle librerie con il volto nascosto da una sciarpa, cappellaccio e occhiali scuri. Perrella di fronte alle madri napoletane con i figli avvelenati che si difende e denuncia. Perrella davanti alle telecamere che s’infervora e passa al napoletano stretto, incomprensibile.

Il ruolo di Perrella

Si sono sprecati in questi giorni i dubbi sul suo ruolo: infiltrato, agente provocatore… Intanto l’hanno indagato per induzione alla corruzione e Perrella freme per mantenere un profilo basso: «Non posso dire nulla, sono sotto inchiesta». Ma in tempi non sospetti parlava chiaro: «Tutti questi affari illegali li stanno facendo, è cronaca di ogni giorno. Mi chiamano in tanti, mi cercano, non sono io a sollecitare». «Che facciamo se t’ammazzano?» pare gli abbia detto un magistrato di Napoli. Voleva tornare alla ribalta per dimostrare che il marcio continua ad esistere, e l’ha fatto per Fanpage senza essere pagato. «Nemmeno un cent». Perrella adesso tace, se non altro perché deve nascondersi. Ha già parlato tre volte.

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