26 febbraio 2018 - 11:06

Quando Neri Pozza stroncò il «Prete bello» di Parise

Un ricco carteggio, curato da Angelo Colla, celebra il lavoro dell’editore vicentino, che fu anche scrittore

di Giandomenico Cortese

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«Caro Parise, so che sei stato a cercarmi e che le mie gallinelle ti hanno riassunto in poche parole il mio parere negativo sul tuo libro («Il prete bello», ndr). Ognuno ha la sua testa, e con quella ragiona e vive…Il mio parere è negativo, e non perché il libro è infarcito di parolacce, che sono inutili – e se sei un artista te ne accorgerai a suo tempo, mentre se non lo sei continuerai a scriverle - ma perché è un’opera senza architettura e senza articolazione, che procede a caso – come la vita probabilmente -, ed è scritta male, spesso in un dialetto tradotto ad occhio in italiano».

Uno stile diretto e graffiante

In questa lettera, datata 15 giugno 1954, l’editore Neri Pozza si rivolgeva ad un giovane Goffredo Parise, che pure aveva «scoperto» e lanciato pubblicandogli, a Venezia, tre anni prima «Il ragazzo morto e le comete».
Sempre graffiante, diretto, senza fronzoli, incisivo, ironico e sincero, forse anche un po’ scostante nella sua aristocratica certezza, l’editore veneziano-vicentino, colloquiava con la stessa franchezza di poesia o narrativa con il Nobel Eugenio Montale o Primo Mazzolari, il prete-partigiano, con Gian Antonio Cibotto o Dino e Almerina Buzzati, Giorgio Soavi e Antonio Barolini, Marialuisa Spaziani e Pietro Nardi, Carlo Laurenzi o Camillo Sbarbaro.

Neri Pozza, a sinistra, insieme a Goffredo Parise
Neri Pozza, a sinistra, insieme a Goffredo Parise

La raccolta

Un ricco carteggio (68 lettere) che ora Angelo Colla, il suo più appassionato e fedele collaboratore, ha raccolto nel volume «Neri Pozza Vita da editore» (331 pagg., 17,50€) raccontando di «libri fatti e libri ideati, di idee d’arte e di poesia», di personaggi e interpreti della migliore realtà letteraria del nostro Novecento, in occasione dei 70 anni della casa editrice che porta il suo nome, nata nel 1946 e che ha visto pubblicati 640 titoli.
«Io non sono uno sfruttatore degli autori, nel senso morale accanitissimo», era solito sostenere Neri Pozza. E aggiungeva: «L’autore deve temere solo di uscire dalla verità». Non può tradire l’onestà, la sincerità, «la necessità della sua stessa storia di scrittore».

Un artista che rimproverava gli artisti

Per questo Neri Pozza non esitava ad entrare in competizione coi suoi stessi autori, a rimproverare, stimolare, emendare, suggerire, «da artista ad artista», come osò scrivere a Buzzati. E a Parise, a proposito de «Il fidanzamento», pubblicato nel 1956 da Garzanti, ebbe a dire: «E’ pacifico che sei un uomo che non vuole né ama i consigli…. Il racconto è debole, sbadato, scritto alla brava, senza cura e rispetto di te stesso. Passando dal romanzo picaresco alla commedia borghese, lo stile avrebbe dovuto essere sostenuto, inciso, vigilato in ogni sua parte». Aveva Neri Pozza, e lo ammetteva, idee d’arte e di poesia che fanno pochi soldi, «ma sono le sole capaci di sedurmi e interessarmi. Il resto per me è buio e vanità». Nel 1987, un anno prima della sua morte (era nato a Vicenza il 5 agosto del 1912, morì nella città berica il 6 novembre del 1988) portò alla stampa la «Storia della Cultura Veneta», una impresa fondamentale, caratterizzante il nostro humus, con il desiderio di essere protagonista non solo nel panorama letterario della nostra regione.

Il motto

Neri Pozza ci teneva a ricordare che «Fare poesia è difficile, costa una fatica da piangere, ma è sempre un gesto prepotente e vitale», come il mestiere di editore che aveva condiviso con la sua passione di scrivere, di scolpire ed incidere, che l’aveva portato in più occasioni alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma.Un «secondo mestiere», quello di scrittore, che con «Processo per eresia» gli fruttò un secondo posto al Premio Campiello nel 1970. Dato per favorito, fu battuto da Mario Soldati: terzo si classificò Ennio Flaiano, quarto Emilio Gadda e quinto proprio Parise.

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