10 febbraio 2018 - 12:50

Milo Manara: «I miei ritratti al festival di Sanremo»

L’artista«Sul palco nel 1995 con il nome di disegna la gnocca»

di Francesco Verni

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Claudio Baglioni non l’ha citato sul palco del Festival di Sanremo, ma chi conosce il suo celebre tratto ha immediatamente capito che i ritratti di Sergio Endrigo, Umberto Bindi, Fabrizio De André e Lucio Battisti, proiettati all’Ariston sono opera del maestro veronese Milo Manara. In questa intervista esclusiva, Manara ci racconta come sono arrivati i suoi disegni al Festival di Sanremo. «Mi ha chiamato Baglioni, in vista dell’omaggio ai cantautori che non ci sono più, voleva realizzassi i ritratti. Una full immersion di lavoro perchè mi ha avvertito solo quattro giorni prima, ma ce l’ho fatta.

Il ritratto di Sergio Endrigo firmato da Milo Manara
Il ritratto di Sergio Endrigo firmato da Milo Manara

Quanti ne ha realizzati? «Gli acquerelli sono sei. Ho ritratto Endrigo, Bindi, De André, Battisti, Enzo Jannacci e Luigi Tenco».

A quali di questi autori è più legato? «Ho grande rispetto per tutti i cantautori che ho ritratto. De André è stato rivoluzionario per la mia generazione, il suo “Carlo Martello” era stato qualcosa di clamoroso. Poi amo particolarmente Enzo Jannacci, adorabile come persona e come musicista. Endrigo aveva un rapporto stretto con Hugo Pratt e Corto Maltese.

Milo Manara
Milo Manara

Segue il festival di Sanremo? «No, pochissimo. Da ragazzino mi piaceva Tony Dallara, “Ghiaccio bollente” e “Romantica”, Celentano e Mina. Del resto quando avevo 12 anni non c’erano i Beatles. Da qualche anno non guardo più trasmissioni interrotte dalla pubblicità. Ho fatto uno strappo con Sanremo per vedere i miei disegni sul palco. Non me la sono presa che Baglioni non mi abbia citato. Magari nelle prossime serate lo farà».

Però sul palco dell’Aristonnel 1995 lei è salito in gara come «guest star», con “Troppo sole” di Sabina Guzzanti e la Riserva indiana.« C’erano Sabina Guzzanti e David Riondino e una “Riserva indiana” foltissima composta, tra i tanti, anche da me, Sandro Curzi, Nichi Vendola, Mario Capanna, Antonio Ricci, Daria Bignardi e Bruno Voglino. Ognuno aveva il suo epiteto indiano, Capanna era “Due cuori” e Vendola era “Alce e martello”. Il mio era “Disegna la gnocca”… nome che ha fatto sussultare Pippo Baudo, che è riuscito comunque a mantenere il proprio aplomb»

Di quell’esperienza che cosa ricorda? «Il Festival dall’interno sembrava un momento di follia collettiva. Come un formicaio quando si butta un fiammifero accesso: gente sempre indaffarata o che corre dappertutto. È stato interessante sul piano antropologico».

Quest’anno a Sanremo ha un cantante preferito? «A prescindere dalla canzone del Festival, mi piace Max Gazzè, mi diverte molto».

Quali sono i suoi miti musicali? «Oggi, tra i “moderni” (ndr, ride), mi piacciono davvero gli Arctic Monkeys, li ho anche visti in concerto. La lista del passato è davvero infinita, i Beatles hanno rappresentato per la mia generazione molto di più che un semplice gruppo musicale. Ricordo dei concerti incredibili di Frank Zappa a Bologna, e di Emerson Lake & Palmer. Ho amato Jefferson Airplane, Doors e Pink Floyd, ma la lista è infinita».

Ascolta musica quando insegna o dipinge? «Continuo a farlo, ma ascolto solo la radio, Radio Tre perché non fa pubblicità. Amo molto anche la musica classica, meno quella lirica».

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