26 dicembre 2017 - 09:33

Zaghba, nascita di un terrorista secondo sua madre: «A sei anni disegnò l’11 settembre»

Valeria Collina, mamma di uno dei tre attentatori del London Bridge, ha scritto un libro: l’isolamento della comunità musulmana e i sensi di colpa per i segnali non visti

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BOLOGNA - «Nel nome di chi?» continua a chiedersi da sei mesi Valeria Collina, la madre bolognese di Youssef Zaghba, unno dei tre attentatori del London Bridge. A giugno nella sua casa di Fagnano, sulle colline della Valsamoggia, aveva scoperto all’improvviso di essere la madre di un terrorista. E le era tornato alla mente quel disegno che Youssef fece a soli sei anni: un aereo che si schiantava contro due torri, qualche giorno dopo aver visto il padre ringraziare Allah guardando in tv le immagini dell’attentato alle Torri gemelle.

L’attentato di Londra

Sedici anni dopo Youssef, la sera del 3 giugno scorso, insieme ad altri due affiliati a Daesh, ha ammazzato otto persone tra il London Bridge e il Borough Market, prima schiantandosi sulla folla con un furgoncino e poi accoltellando alla gola i passanti. È stato poi ucciso dalla polizia britannica.

In un libro, domande e dubbi

Oggi Valeria Collina ha affidato a un libro, che firma insieme a Brahim Maarad, giornalista italo-marocchino, tutte le sue domande senza risposta e i dubbi di «una madre che ha perso la battaglia contro il Califfato», che al dolore della morte del figlio deve sommare il senso di colpa per il sangue che quel figlio ha versato, per i segnali forse sottovalutati che avrebbero potuto rivelare prima l’orrore che aveva inghiottito suo figlio.

Valeria Collina fuori dal Centro di cultura islamica di Bologna
Valeria Collina fuori dal Centro di cultura islamica di Bologna

I sensi di colpa e le domande di Scotland Yard

Sabato Valeria ha presentato per la prima volta il volume nel Centro di cultura islamica di via Pallavicini a Bologna, davanti a una platea composita, di giovani e anziani, musulmani e non. «Ho cercato di insegnare ai miei figli la non violenza — ragiona Valeria —, ma non ho avuto la forza di sottrarli prima a un marito rigido e violento». Quando Valeria si è accorta che Youssef era attratto da una visione di un Islam rigido, pieno di sensi di colpa, che invoca il martirio, «un Islam sbagliato» dice lei, era forse già troppo tardi. Il 22enne si era già fatto ammaliare dai video di combattimenti e decapitazioni con cui il Califfato propaganda il marketing del terrore sul web. Tutte queste cose la madre preoccupata le ha già raccontate all’antiterrorismo di due Paesi. Alla Digos italiana, che Zaghba lo teneva sotto controllo da un anno e mezzo, da quando a marzo 2016 tentò di prendere un volo per Istanbul per andare in Siria ma fu fermato dalla polizia di frontiera al Marconi, e poi agli agenti di Scotland Yard, che all’indomani dell’attentato di giugno, sono volati fin nella sua casa di Fagnano, per chiederle del passato di suo figlio morto e dei suoi rapporti con le droghe e (inspiegabilmente) con gli animali e con l’omosessualità.

«Voglio reagire»

Valeria, convertita all’Islam venticinque anni fa quando conobbe il marito marocchino e lo seguì a Fes, punta anche il dito sugli errori delle sua comunità islamica. Quella di Bazzano, dove dopo i fatti di Londra al centro islamico le hanno chiesto di non farsi vedere per un po’, e quella di Carpi, dove in moschea si è vista sbattere la porta in faccia dopo il tentativo di Youssef di raggiungere la Siria. La comunità islamica spesso, scrive Valeria, «si chiude e tiene fuori tutto e tutti. Invece di intervenire, di mostrare la propria intenzione di cambiare le cose». «Io non mi voglio chiudere. Voglio reagire, Mi sono promessa di fare tutto quello che è nelle mie possibilità per evitare che altre madri debbano piangere i propri figli, che siano terroristi o innocenti capitati sulla loro strada».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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