28 febbraio 2018 - 08:58

‘Ndrangheta, i colletti bianchi al servizio del clan: «In Emilia una borghesia mafiosa»

Aemilia, le motivazioni dell’appello: «Pagliani portavoce politico della cosca»

di Andreina Baccaro

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La consulente Roberta Tattini, condannata a 8 anni e 8 mesi
La consulente Roberta Tattini, condannata a 8 anni e 8 mesi

BOLOGNA - «Al Nord esiste una “borghesia mafiosa”, composta da imprenditori, liberi professionisti e politici», una borghesia dal volto pulito «che fa affari con le cosche, ricercandone addirittura il contatto. Il pagamento del “fiore”, della mazzetta o dell’estorsione, sono il mezzo con il quale l’imprenditore o il politico ottengono la protezione e il vantaggio che la cosca può offrire». Lo scrivono i giudici della Corte d’Appello di Bologna nelle 1.400 pagine delle motivazioni della sentenza con cui, a settembre scorso, sono state in gran parte confermate le condanne in primo grado a circa 60 degli imputati di Aemilia, il più grande processo di ‘ndrangheta mai celebrato in regione. Anche i giudici del secondo grado, comminando pene fino a 15 anni di carcere, hanno riconosciuto l’esistenza di quella «holding criminale, una multinazionale del delitto» che faceva capo al clan Grande Aracri e aveva infiltrato l’economia e la politica emiliane.

In Emilia la cosca «si muove in modo diverso rispetto alle regole tradizionali, senza riti e formule di affiliazione». Lo spiega il pentito Luigi Bonaventura alla Dda di Bologna nel 2010. «Una volta erano gli ‘ndranghetisti che andavano nel mondo imprenditoriale e politico, invece adesso, specialmente al Nord...sono loro che vanno dall’ndrangheta...sia politici sia imprenditori...oggi la parola 0ndrangheta è diventata una chiave che apre...mascature (serrature, ndr) che tante altre chiavi non aprono». La Corte d’Appello di Bologna fa sua questa lettura e scrive che per agire la cosca «necessita del supporto tecnico e dell’appoggio operativo di commercialisti, fiscalisti, uomini delle forze dell’ordine, giornalisti e politici».

Una borghesia, appunto, di cui faceva parte la consulente finanziaria bolognese Roberta Tattini, 45 anni, condannata a otto anni e otto mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici ne riconoscono «il pacifico concreto, consapevole e volontario contributo offerto all’associazione e funzionale alla realizzazione del programma criminoso». Emblematica è l’estorsione ai danni dell’imprenditore bergamasco Fabrizio Maffioletti: «un contributo particolarmente odioso se si considera che la professionista ha tradito la fiducia di un proprio cliente per agevolare l’ingresso dell’ndrangheta nella sua impresa».

La Corte d’Appello ha poi ribaltato l’assoluzione dell’ex consigliere comunale reggiano Giuseppe Pagliani, condannato a quattro anni per concorso esterno in associazione mafiosa: «costituiva un tassello essenziale». Era diventato il «portavoce politico della cosca, la sponda e l’appoggio pubblico», mettendosi al servizio della realizzazione di «quell’attacco politico-mediatico», ideato da Nicolino Grande Aracri e Nicolino Sarcone, al Prefetto di Reggio Emilia, per le numerose interdittive antimafia che tra il 2011 e il 2012 avevano colpito le aziende cutresi, e ai giornalisti «che rappresentavano i sintomi dell’infiltrazione mafiosa in provincia». «Abbiamo bisogno di te, se no qua troviamo un altro cavallo» gli dice chiaramente in una telefonata intercettata il 22 marzo 2011 Alfonso Paolini, altro faccendiere. Con le attenzioni dei media e la stagione delle interdittive antimafia, la cosca viveva in quel periodo un momento «di particolare difficoltà». Da qui l’idea di reagire con una campagna politico-mediatica, trovando amministratori e giornalisti compiacenti, volta a presentare gli imprenditori calabresi come ingiustamente vessati da provvedimenti iniqui emessi invece per favorire la concorrenza delle coop rosse.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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