9 gennaio 2018 - 13:16

Bologna, i preti al tempo dei social network: vicini o lontani dalla rete?

Dopo i casi dei due parroci travolti dalle polemiche, ecco chi usa le nuove tecnologie

di Beppe Facchini

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Don Francesco Ondedei
Don Francesco Ondedei

BOLOGNA - C’è chi preferisce tenersi alla larga da mouse e tastiera, chi teme facili strumentalizzazioni e chi ricorda come talvolta i social network, pur essendo importanti per comunicare non soltanto coi più giovani, non facciano altro che aiutare le persone «a tirare fuori il peggio di sé». Parola di don Francesco Ondedei, direttore dell’ufficio diocesano per la pastorale universitaria e dell’ufficio per la cooperazione missionaria tra chiese della Curia, attivo in rete sia su Facebook che tramite un blog. Don Davide Baraldi, 39enne parroco di Santa Maria della Carità, invece spiega: «Ho solo un profilo e non commento mai nulla perché, quando ero più immaturo, ho sperimentato sulla mia pelle che con poche righe non ci si riesce a spiegare».

A quasi due mesi dalle polemiche che hanno travolto don Lorenzo Guidotti e don Francesco Pieri, nell’occhio del ciclone per aver postato, rispettivamente, una frase choc dopo lo stupro di una diciassettenne e un commento che paragonava Totò Riina a Emma Bonino, c’è ancora una domanda in attesa di risposte: qual è il rapporto dei sacerdoti col mondo virtuale? «Io preferisco il contatto diretto e non certe diavolerie», chiarisce don Eugenio Marzadori, 75enne parroco di San Procolo. Decisamente diverso, invece, il punto di vista di don Ferdinando Colombo, salesiano di 81 anni, che oltre a curare mensilmente la mailing list da 36mila contatti della sua rivista, «Sacro Cuore Vivere», è presente sul web sia con un profilo Facebook che un blog. «Qui ogni settimana viene pubblicata la registrazione integrale dell’omelia, ma da un po’ di tempo, in realtà, se ne occupano soprattutto le mie collaboratrici — precisa —. Lavoro molto su Internet perché è uno strumento di comunicazione veloce, nonostante spesso rischi di diventare fonte di notizie sbagliate, di calunnia o di perdita di tempo». «Internet? Ci ho messo un po’ a capire cos’era, ma dopo quindici anni ci sono lentamente riuscito e adesso lo uso soprattutto per informarmi — riprende don Ondedei —. Attraverso la rete è stato inoltre possibile creare una connessione con tantissimi preti, suore e missionari all’estero, dunque è chiaro che offre tante opportunità. Però c’è da stare attenti: se viene usato come unico strumento di relazione può diventare devastante. E poi, visto quello che si legge sui social, sarebbe opportuno utilizzarli scrivendo parole buone ed evitando gli attacchi gratuiti: se si vuole discutere di qualcosa, meglio farlo in un altro modo, tanto su Internet è impossibile».

Don Baraldi divide invece il web in tre categorie: quella operativa, per organizzarsi il lavoro anche a distanza, quella informativa e «il livello scherzoso», cioè l’utilizzo di Facebook. «Io ad esempio lo uso prevalentemente per scrivere sciocchezze, come quella postata quando sono andato allo stadio, perché tifoso della Sampdoria, e abbiamo perso 3-0», dice. Al contrario, don Stefano Maria Savoia, 49enne originario di Lecce e parroco di San Lazzaro, utilizza il suo account scrivendo ogni giorno pensieri e passi del Vangelo. Un’abitudine nata dopo aver ritrovato alcuni vecchi compagni delle elementari proprio grazie ai social. «Il mondo virtuale non va demonizzato sempre e comunque — assicura — e poter mettere un po’ di speranza, anche lì dove talvolta c’è troppa immagine, può aiutare le persone a scavare maggiormente dentro di sé». Ecco, allora, che anche il pulpito si fa digitale: altroché vade retro Internet.

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