10 gennaio 2018 - 08:53

Emilia, quegli imprenditori asserviti alla cosca

Nella retata della Dda di Catanzaro sul clan di ‘ndrangheta Farao-Marincola anche sei arresti in Emilia

di Andreina Baccaro

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BOLOGNA - In Calabria facevano i soldi, in Emilia venivano a ripulirli grazie alla complicità di imprenditori locali compiacenti che si prestavano a reinvestire il denaro delle cosche tramite società fittizie e false fatturazioni. È quanto emerso dall’inchiesta della Dda di Catanzaro che ieri ha scoperchiato una vera e propria holding criminale con ramificazioni in Calabria, Emilia, Lombardia, Veneto, Campania, Lazio, Piemonte e perfino in Germania. Delle 169 persone finite in carcere o ai domiciliari, 7 sono originarie o residenti a Bologna, Modena e Parma e avevano solidi legami con gli esponenti della cosca Farao-Marincola, una delle più potenti della Calabria, alleata dei Grande Aracri, il clan decapitato dall’inchiesta Aemilia della Dda di Bologna. Molti degli indagati finiti in carcere ieri, sono parenti e sodali degli imputati del processo Aemilia e in alcuni casi avevano dato seguito agli affari illeciti delle famiglie di provenienza. Dei 50 milioni di beni sequestrati, sono stati messi i sigilli anche a conti e società di Parma e Bologna.

Da ieri sono in carcere Aldo Marincola, 33 anni, nato in Germania e residente a Parma; Fabio Potenza, 30 anni, nato a Cirò Marina e residente a Parma; Francesco Bonesse, 47 anni, di Melissa (Crotone) residente a Reggio Emilia; Franco Gigliotti, 49enne imprenditore molto noto e dalle innumerevoli partecipazioni societarie a Parma, che secondo l’accusa aveva messo a disposizione delle cosche. Ai domiciliari sono finiti la figlia Maria Francesca, il bolognese Andrea Grillini, 40enne ex pilota di moto e a capo di un team motociclistico che nel 2017 ha corso il campionato Superbike, e Roberto Botti, 51 anni, nato e residente a Modena.

Per la Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, partecipavano all’associazione per delinquere attraverso imprese fittizie, «società cartiere», al fine di consentire alle cosche di ripulire il denaro sporco. Lo schema era questo: i cugini cutresi Carmine e Luigi Muto facevano la spola tra la Calabria e Bologna per portare ogni settimana denaro contante, nell’ordine di decine di migliaia di euro per ogni tranche, che consegnavano agli imprenditori amici della cosca, come Grillini e Botti, i quali a loro volta li riversavano sui conti delle società cartiere, intestate a prestanome o agli stessi affiliati cutresi, come corresponsione di fatture fittizie riguardanti operazioni commerciali mai avvenute, ma così riuscendo a reimmettere in un circuito legale il denaro di provenienza illecita. In Calabria e Germania l’organizzazione aveva infiltrato numerosi settori dell’economia e della pubblica amministrazione, compresa l’accoglienza dei migranti.

Grillini e Botti non erano gli unici imprenditori nel Nord Italia a mettersi al servizio della ‘ndrangheta: un altro ex pilota e team manager di rally, Paolo Fazi di Alessandria, in una conversazione intercettata con Luigi Muto, il 21 giugno 2016, vanta presunti rapporti commerciali con la Ducati (estranea alle indagini, ndr): «mi danno 600.000 euro di fatturato», sostiene.

Le indagini, condotte attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e indagini bancarie «hanno provato un continuo flusso di denaro movimentato dalle società gestite» dagli affiliati verso quelle incaricate di ripulirlo. La consegna dei contanti, documentata da appostamenti e pedinamenti dei militari del Ros, avveniva nei posti più comuni: dal distributore di benzina a San Lazzaro, a un tavolino dei Mc Donald. A Parma la cosca si infiltra direttamente nella Gf Nuove Tecnologie di Franco Gigliotti, molto noto nella città ducale per aver sponsorizzato anche il Parma Calcio. Gigliotti assume direttamente Vittorio Farao e Aldo Marincola, delle rispettive famiglie, i quali non solo gli assicurano protezione dalle pressioni estorsive dei Grande Aracri ma, secondo i pm, minacciano anche gli altri dipendenti per zittire le loro rivendicazioni sindacali.

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