20 gennaio 2018 - 08:49

Bologna, smartphone in classe? Scuole divise

Il ministro Fedeli, venerdì in città: «Serve una alfabetizzazione digitale». I dirigenti: «Ma alle primarie è presto»

di Daniela Corneo

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BOLOGNA - «Il digitale aiuta conoscenza e apprendimento solo se guidato da persone preparate e competenti e non lasciando i ragazzi da soli di fronte a qualunque tipo di device. I ragazzi vanno accompagnati, serve una nuova alfabetizzazione digitale». È il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, a Bologna per «Futura», la tre giorni dedicata alla scuola digitale, a dettare la linea sull’uso dello smartphone in classe. Ora che gli esperti scelti dal Miur hanno studiato le «linee guida» per l’uso dei telefonini a lezione, negli istituti si apre il dibattito. Anche se è ancora Fedeli a mettere i puntini sulle «i»: «Non sarà possibile l’utilizzo individuale».

Eppure loro, le scuole, ancora tentennano. Soprattutto primarie e medie. Perché alle superiori, dove gli studenti sono più consapevoli, le nuove tecnologie di fatto già entrano. È alle elementari che i dirigenti sono in linea di massima contrari all’input ministeriale. «Prima che questo oggetto diventi tema di dibattito — dice Marina Battistin, preside dell’Ic 16 — ce ne vuole. È inutile attrezzarsi e non sapere cosa si ha in mano: prima di ogni cosa bisogna riflettere come scuola sull’uso dei device. Per me ora è un no». È scettico sull’uso dello smartphone nella primaria anche il dirigente dell’Ic 10 Emilio Porcaro che vede nel cellulare in classe un rischio. «Ma se — dice — soprattutto alle medie i docenti ritengono opportuno usare lo smartphone o il tablet per attività didattiche circostanziate, io li autorizzo, come ho già fatto, senza problemi». «La cultura digitale — sostiene Alessandra Canepa, dirigente dell’Ic 6 — offre enormi potenzialità, ma il digitale messo in mano a ragazzini che non lo sanno usare, fa sì che sia in pessime mani. Allora prima educhiamo i docenti a fare un buon uso del digitale, solo allora potrà entrare in classe».

Più aperte a questa novità le dirigenti di Ic 12, Filomena Massaro, e Ic 17 Teresa Pintori. «L’uso del telefonino a scuola — dice Massaro — lo vedo più possibile alle medie: visto che ce l’hanno, facciamoglielo usare anche per altro, perché in fondo non ne conosco a pieno le potenzialità. Alle elementari invece vedo più adatto il tablet, anche se, puntando noi sull’outdoor, consideriamo fondamentale la didattica esperienziale, prima di quella virtuale». «Quello che è certo — dice Pintori — è che serve una competenza molto forte dei docenti, ma per alcune attività didattiche i cellulari già li si poteva usare».

Una cinquantina di contestatori, di Sgb e Cobas, ha aspettato in sit-in il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, a Bologna per la tre giorni sulla scuola digitale. Slogan sulla difesa della scuola pubblica
Una cinquantina di contestatori, di Sgb e Cobas, ha aspettato in sit-in il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, a Bologna per la tre giorni sulla scuola digitale. Slogan sulla difesa della scuola pubblica

Alle superiori, soprattutto scientifici e tecnici, smartphone e tablet sono entrati già da un po’ in classe. «Perché è impensabile — dice Roberto Fiorini, dirigente del Copernico e del tecnico Mattei — che le scuole diventino isole in cui la comunicazione digitale improvvisamente si interrompe. Serve un controllo forte soprattutto sui video, ma smartphone e tablet sono strumenti ormai essenziali per la didattica». Al Salvemini i docenti fanno già usare i personal device in classe, «ma è vietatissimo — dice il preside Carlo Braga — l’uso personale. Tranne a ricreazione, dove gli studenti possono acquistare i prodotti delle macchinette tramite un’app». E il preside dello scientifico Fermi, Maurizio Lazzarini, invoca la libertà d’insegnamento: «L’uso personale è vietato anche da noi, ma ciascun docente è libero di insegnare con gli strumenti che ritiene più opportuni».

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