14 febbraio 2018 - 10:24

Caso rimborsi M5S, Elisa Bulgarelli e Giulia Sarti nella lista delle Iene

Lo sfogo del bolognese Bernini, finito nel calderone: «Querelo»

di Beppe Persichella

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Elisa Bulgarelli e Giulia Sarti
Elisa Bulgarelli e Giulia Sarti

BOLOGNA - Le «mele marce», come la ha definite il candidato premier Luigi Di Maio, vanno cacciate. Ma dagli altri partiti nessuna lezione. È questa la linea del Movimento 5 Stelle anche in Emilia-Romagna. A tracciarla il capogruppo Massimo Bugani, che prende di petto la vicenda dei rimborsi truccati. «Cacceremo chi ha fatto finta di versare e non ha versato — promette — ma i partiti devono solo stare zitti. Non hanno mai restituito nulla e adesso si ergono a giudici». Intanto però, nella lista diffusa martedì sera dale Iene sui primi dieci nomi dei parlamentari che avrebbero falsificato le restituzioni, spuntano i nomi della bolognese Elisa Bulgarelli e della riminese Giulia Sarti. «Sarà tutto chiarito», assicura la senatrice Bulgarelli. Mentre il deputato Paolo Bernini, finito nel calderone dei nomi sotto accusa, promette querele e rivendica di aver «restituito quasi 200.000 euro ai cittadini».

Qualche passo falso il M5S lo ha commesso, ammette Bugani, uno dei due soci rimasti dell’associazione Rousseau (ieri l’europarlamentare David Borrelli ha dato il suo addio al movimento). «Certi controlli e comportamenti sono stati trascurati». Tra i parlamentari emiliano-romagnoli, quasi tutti in corsa per un bis alle prossime elezioni, la vicenda dei finti rimborsi imbarazza e disorienta. Pochi vogliono commentarla. Matteo Dall’Osso, deputato uscente e capolista alla Camera, non si tira indietro. Assicura che tutti i suoi bonifici «sono andati a buon fine» e dice anche di esserci «rimasto molto male» per lo stratagemma utilizzato dai colleghi del movimento. «Non potevo ipotizzare una cosa del genere». Non li giustifica, ma in un certo senso capisce cosa gli sia passato per la testa. Da ingegnere guadagnava 1.500 euro al mese e quando si è visto arrivare «tutti quei soldi in una volta sola non è stato facile», confessa. Insomma, anche lui qualche tentazione di fronte al primo assegno l’ha avuta. «Alla prima restituzione sono andato in crisi — racconta — ma poi ho pensato ai miei amici del M5S e che c’era una sola cosa da fare: ridare indietro i soldi così come era stato deciso. Fatto quel rimborso, dopo non è stato più un problema».

Paolo Bernini, deputato uscente che difficilmente sarà riconfermato (ha un posto tra i «supplenti»), respinge le voci che sono circolate nelle ultime ore su di lui. «Si dice che ci sia anche io tra i sospettati, ma non è così. I miei pagamenti — assicura — sono tutti andati a buon fine. Ho scoperto solo dopo questa storia che un bonifico si potesse ritirare. E comunque non l’avrei mai fatto, l’onestà paga». Su Facebook Bernini si abbandona a un lungo sfogo e promette querele. Il parlamentare però non entra nei dettagli e non spiega come mai per ben 8 mesi, nel 2017, il suo bonifico di restituzione sia stato sempre di 1.677,62 euro. Uno dei punti, la reiterazione degli importi, su cui si concentrano i sospetti e le accuse di questi giorni sui grillini finiti nel mirino.

Va all’attacco intanto l’ex M5S Federico Pizzarotti. «La cosa grave della vicenda — attacca il sindaco di Parma — è che se ne debbano accorgere le Iene. Se non riesci a controllare internamente i tuoi, come pensi di fare la lotta all’evasione?». Pizzarotti è però convinto che questa vicenda non influenzerà il voto. «Qualche punto percentuale, forse. Gli italiani sono così stanchi che “provare questi” sembra sia rimasta una cosa importante da fare».

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