Firenze, 12 novembre 2017 - 19:11

Le ragioni di un dissenso

Le istanze dei cittadini, i comitati e il Comune

di Paolo Ermini

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Le battaglie si vincono con la tenacia, cercando di convincere chi la pensa diversamente. «Repetita iuvant», insomma, ma non a Firenze, dove su alcune delle ultime scelte di Palazzo Vecchio abbiamo più volte espresso un’opinione contraria senza mai ricevere una risposta di merito, ma — piuttosto — un’irritazione mal trattenuta. Succede nella città in cui l’opposizione si mobilita solo su obiettivi mirati, quasi sempre legati alla ricerca di consenso, mentre la voce di chi a Firenze ci vive viene per forza calamitata dai comitati sorti qua e là e che hanno caratteristiche anche molto diverse tra loro. Ce ne sono alcuni che hanno una coloritura politica più evidente, altri che sono solo l’espressione del disagio di tanti cittadini in cerca di risposte. Qualche volta, più semplicemente, di qualcuno che ascolti. E rappresentarne le motivazioni su un giornale non significa diventare «il giornale dei comitati», come qualcuno si azzarda a dire in Comune, ma fare da piazza (virtuale) delle idee. Con due obiettivi: evitare che nessuno possa accampare alibi («Non era a conoscenza del problema...») e sottrarre ogni motivo di malumore alla strumentalizzazione delle forze politiche che sull’indifferenza delle istituzioni costruiscono le loro fortune. Come si è visto con l’intrusione di CasaPound nella manifestazione civilissima dei residenti che si è tenuta una settimana fa in piazza Indipendenza. Perché ignorare per mesi ogni appello o fare promesse che poi non si realizzano? Un organo di informazione dovrebbe proprio servire a rendere più veloce il rapporto tra chi governa e chi è governato: è l’ABC di quella realtà complicata ma preziosa che si chiama opinione pubblica. Il sale di ogni comunità democratica. Magari, a forza di ripeterlo, lo si capirà anche da queste parti.

Gli sforzi da riconoscere

Quanto al merito, vale la pena ribadire che abbiamo apprezzato moltissimo lo sforzo che il sindaco e la sua giunta stanno facendo per fermare la trasformazione di Firenze in un mangificio, cercando di salvare l’identità di alcune strade del centro e quello che resta della rete dei negozi storici. Così come fa ben sperare l’impegno per ridisegnare la mappa dei mercati e per dare nuove regole al commercio ambulante, oppure la volontà di riavvicinare il corpo della polizia municipale ai fiorentini grazie alla figura del vigile di quartiere, anche se incombe il rischio di trasformarne la figura in un raccoglitore di sfoghi fini a se stessi.

La prospettiva che manca

Quello che però serve è un’idea complessiva di città, il disegno di una Firenze proiettata nel futuro, la prospettiva di una realtà metropolitana che grazie anche ai vantaggi della tecnologia possa contare su una rete integrata di trasporti, sull’efficienza dei servizi, sulla pluralità delle sue vocazioni. Da difendere e rilanciare. E allora sorprende l’insistenza con cui il sindaco da giorni parla della riqualificazione dell’Oltrarno citando il rifacimento di tante sue strade, a cominciare dal selciato (orribile: rimetteteci le pietre) di piazza de’ Nerli e dalla nuova scenografia alberata di piazza del Carmine. Cancellare le buche, rifare le zanelle, ripianare marciapiedi sconnessi è indispensabile, ma non è così che si salverà il quartiere, da San Niccolò a San Gaggio e al Torrino di Santa Rosa. Non basta il belletto. E lo diciamo come residenti che ogni giorno toccano con mano miserie e nobiltà di una Firenze che vuole restare ancora se stessa. Non è il belletto che può ridare ossigeno ai laboratori e alle botteghe, agli artigiani e ai negozianti. L’Oltrarno deve vivere la sua vita di giorno, non ridursi a una quinta teatrale per la movida. E per gli show in bicicletta degli spacciatori che imperversano nelle sue notti. La pedonalizzazione del Carmine senza avere prima costruito un grande parcheggio (lì sotto o in piazza Tasso o a Porta Romana) è stato un errore madornale che ha esasperato esercenti e abitanti. Ora, dopo gli anni del vuoto ben protetto dalla staccionata in stile vecchio ranch (ma la soprintendenza dov’era?) davanti alla basilica dei carmelitani nasce un boschetto. Con panchine. Di notte diventerà una nuova centrale di droga e degrado. Lo vedremo.

Una corda tesa

Ma ancora più sorprendente è stato il no con cui è stata bocciata la proposta di ripristinare subito la Ztl no stop per bloccare l’invasione notturna delle auto in centro, avanzata (coraggiosamente, visti gli interessi in ballo) dall’assessore Giorgetti. Ogni decisione in merito è rinviata a quando entreranno in funzione le nuove tramvie, ha detto il sindaco. Come se la tramvia fosse la nuova frontiera di Firenze, la linea di demarcazione tra passato e futuro. La svolta ci sarà, e sarà vistosa. Ma la tramvia taglia fuori mezza città, dal Campo di Marte a San Frediano e certamente non arriverà in centro né toccherà le zone dello sballo. Di più: la tramvia non è una metropolitana e non arriverà né a Prato né nella Piana, da cui a sera giungono a Firenze migliaia di giovani. Perché allora fare finta di non vedere il delirio e rimandare la sterzata? Perfino i gestori dei locali si sono accorti che la corda è diventata troppo tesa e hanno chiesto più controlli in strada, contro gli abusi di ogni tipo. E invece tira, tira, tira. Come può finire ce lo ricordano i giochi della nostra infanzia.

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