10 gennaio 2018 - 09:54

Pd, cinque seggi per gli alleati
E parte la lotteria dei collegi

Vertice a Roma, Renzi a Parrini: aiutate la coalizione. Gli orfiniani: «No ai paracadutati»

di Giorgio Bernardini, Marzio Fatucchi

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«Vi chiediamo un contributo importante per la coalizione». Il segretario del Pd toscano Dario Parrini si è sentito chiedere questo ieri nell’incontro a Roma con Matteo Renzi e i vertici nazionali del partito. Perché i tre cespugli che dovrebbero correre col Pd («Insieme», la lista composta da Psi, Verdi e Ulivisti; Civica Popolare della Lorenzin; e sono in corso gli ultimi contatti con +Europadi Bonino&Tabacci) difficilmente raggiungeranno il 3% per ottenere eletti nei collegi proporzionali (ma i loro voti andranno ad incrementare quelli del Pd), a loro vanno garantiti seggi uninominali sicuri. Ma questo fa saltare il quadro che i vertici del Pd toscano e soprattutto i parlamentari uscenti si erano fatti in testa: forse fino a 5 seggi, di cui 3 sicuri, devono andare alle altre liste, mentre Parrini e i toscani pensavano massimo 2 o 3.

Un seggio deve andare a Benedetto della Vedova dei Radicali. Uno a Riccardo Nencini, segretario del Psi: probabilmente il «suo» Mugello. Sulla costa il Pd sta cercando di convincere il magistrato, ora sottosegretario all’interno, Cosimo Ferri, a correre a Massa, seggio a rischio M5S. E in quello del Senato a Livorno, seggio dove il M5S sfodererà il capitano di Fregata Gregorio De Falco (quello del «salga a bordo, cazz0» rivolto al comandante della Costa Concordia Schettino) Renzi potrebbe piazzare un candidato «civico» (modello l’infettivologo Roberto Burioni, ma non lui). E poi, uno alla lista «petalosa» della Lorenzin: si era pensato Gabriele Toccafondi, a Firenze, alla Camera. E così iniziano i guai.

Proprio nel collegio Firenze 1 della Camera è girata la voce potesse essere schierata Maria Elena Boschi (con Renzi invece nel collegio, più grande, del Senato). Spostare Toccafondi in un altro collegio fiorentino scardinerebbe altre «griglie», tra cui il ritorno a Roma di Simona Bonafé dal Parlamento Europeo. Nencini nel Mugello (che arriva fino nella Piana, a rischio ormai per il Pd) toglie spazio a David Ermini che forse correrà solo nel proporzionale. Insomma, una lotteria. E incastri che non tornano più: d’altra parte, già Renzi nel Senato (e primo anche nel seggio Toscana nord del proporzionale) aveva già fatto saltare la prima tessera del puzzle, anzi due: capolista al proporzionale doveva essere il ministro Valeria Fedeli, che andrà altrove, nell’uninominale doveva correre la vicepresidente del Senato Rosa Maria Di Giorgi che probabilmente sarà seconda nel proporzionale.

Il Pd regionale butta acqua sui preoccupati ardori dei parlamentari uscenti. Il ragionamento che si fa in via Forlanini è: la Toscana, insieme a Emilia, Marche e Umbria, ha sempre dato un contributo alla coalizione (nel ‘94, per dire, la «gioiosa macchina da guerra» del Pds dette agli alleati 14 candidati su 29 alla Camera). Oggi il contributo sarà minore, fanno notare dal Pd.

C’è chi però non la pensa così. «Non c’è spazio per paracadutati: no a imposizioni romane sulle candidature in questa regione» dicono gli orfiniani toscani, componente che si chiamerà «Left wing» come la rivista legata al presidente del Pd Matteo Orfini. Il loro coordinatore è il capogruppo del Pd a Prato, l’avvocato Lorenzo Rocchi. Dei «diversamente renziani» fanno parte anche il segretario di Grosseto Leonardo Clicchi, il vice segretario regionale del partito Donato Montibello (Siena) e Marta Rapallini. «Non abbiamo posti da difendere (parlamentari uscenti, ndr), ma i collegi toscani non devono essere territorio di conquista: abbiamo personale politico del territorio spendibile, è giusto far giocare loro la battaglia nei collegi». Magari il segretario pratese, Gabriele Bosi, vicino a loro.

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