Non è mafia e non è neppure una associazione per delinquere " normale". Il tribunale della libertà di Firenze ha demolito la monumentale inchiesta "China Truck" della polizia sull'organizzazione che, secondo la procura distrettuale antimafia di Firenze, minaccia, intimidisce e ricatta la comunità orientale di Prato, e non solo.
I giudici del riesame hanno stabilito che tutti e 24 gli arrestati debbano lasciare il carcere, solo alcuni per andare ai domiciliari con il braccialetto elettronico oppure obbligati a firmare in questura. La maggioranza degli arrestati torna in libertà. Le motivazioni dei due provvedimenti che hanno annullato le misure cautelari e i sequestri dei beni del gruppo saranno depositate fra alcune settimane. Ma già adesso è chiaro che per il tribunale della libertà mancano i gravi indizi sulla esistenza della associazione mafiosa e di gran parte reati connessi, quali estorsioni, usura, abusivo esercizio del credito, gioco d'azzardo, traffico di droga, prostituzione.
È possibile anche che i giudici ritengano non più attuali le esigenze cautelari per questi "reati satelliti", che risultano commessi 5 o 6 anni fa. Soprattutto sembra di capire che per il tribunale del riesame mancano gli elementi costitutivi della associazione mafiosa: il controllo del territorio, l'acquisizione con mezzi illeciti del quasi monopolio nei trasporti delle merci cinesi, la forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, la condizione di assoggettamento e omertà che ne deriva.
Zhang Naizong, il presunto capo dell'organizzazione, l'uomo che si definiva il boss dei boss e di sé diceva "sono il più potente d'Europa, non scherzo, se sei mio amico bene, se sei mio nemico sei finito " , può lasciare il carcere per gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Secondo i giudici, nei suoi confronti ci sono gravi indizi solo per il reato di usura.
Per illustrare l'inchiesta era arrivato a Firenze, il 18 gennaio scorso, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho. La procura di Firenze è pronta a ricorrere in Cassazione, che non di rado ha annullato i provvedimenti del tribunale del riesame. L'inchiesta, comunque, è azzoppata. E forse ora tremano i pochi, pochissimi, membri della comunità cinese di Prato che hanno avuto il coraggio di denunciare minacce e pestaggi.
I giudici del riesame hanno stabilito che tutti e 24 gli arrestati debbano lasciare il carcere, solo alcuni per andare ai domiciliari con il braccialetto elettronico oppure obbligati a firmare in questura. La maggioranza degli arrestati torna in libertà. Le motivazioni dei due provvedimenti che hanno annullato le misure cautelari e i sequestri dei beni del gruppo saranno depositate fra alcune settimane. Ma già adesso è chiaro che per il tribunale della libertà mancano i gravi indizi sulla esistenza della associazione mafiosa e di gran parte reati connessi, quali estorsioni, usura, abusivo esercizio del credito, gioco d'azzardo, traffico di droga, prostituzione.
È possibile anche che i giudici ritengano non più attuali le esigenze cautelari per questi "reati satelliti", che risultano commessi 5 o 6 anni fa. Soprattutto sembra di capire che per il tribunale del riesame mancano gli elementi costitutivi della associazione mafiosa: il controllo del territorio, l'acquisizione con mezzi illeciti del quasi monopolio nei trasporti delle merci cinesi, la forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, la condizione di assoggettamento e omertà che ne deriva.
Mafia cinese, blitz della polizia a Prato: con gli agenti nel capannone sequestrato
Zhang Naizong, il presunto capo dell'organizzazione, l'uomo che si definiva il boss dei boss e di sé diceva "sono il più potente d'Europa, non scherzo, se sei mio amico bene, se sei mio nemico sei finito " , può lasciare il carcere per gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Secondo i giudici, nei suoi confronti ci sono gravi indizi solo per il reato di usura.
Per illustrare l'inchiesta era arrivato a Firenze, il 18 gennaio scorso, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho. La procura di Firenze è pronta a ricorrere in Cassazione, che non di rado ha annullato i provvedimenti del tribunale del riesame. L'inchiesta, comunque, è azzoppata. E forse ora tremano i pochi, pochissimi, membri della comunità cinese di Prato che hanno avuto il coraggio di denunciare minacce e pestaggi.